giovedì 31 gennaio 2008

CARTE FEDELTA’ E PRIVACY: MOLTO RUMORE, PER NULLA?

CARTE FEDELTA’ E PRIVCY: MOLTO RUMORE, PER NULLA?

di Marco Maglio

Per la serie: non si può mai stare tranquilli. Probabilmente molti operatori di marketing avranno pensato così, consultando preoccupati i resoconti giornalistici che nei primi giorni di febbraio hanno salutato, con il consueto entusiasmo che accompagna le iniziative a tutela del consumatore, l’ennesima iniziativa nei confronti delle carte fedeltà.

Molti commentatori, un po’ precipitosamente, hanno parlato di questa nuova iniziativa in termini drammatici, enfatizzando la portata del nuovo intervento del Garante ed ipotizzando (addirittura) una rivoluzione per questo settore. In realtà le cose non stanno in questi termini e basta consultare i provvedimenti emessi dal Garante per rendersene conto.

E allora che cosa è successo? Semplicemente che dopo gli storici provvedimenti del 2004 e del 2005 sulle modalità di raccolta dei dati personali attraverso le carte fedeltà, il Garante ha avviato nel corso del 2007 una serie di interventi programmati per verificare attraverso ispezioni e accertamenti formali se, e in che termini , le indicazioni già rese su informativa, consenso e modalità di raccolta dei dati erano effettivamente rispettate dalle aziende che utilizzano carte fedeltà.

Il quadro che è emerso dalle verifiche ha rivelato diverse irregolarità che hanno riguardato in particolare quattro società, fermo restando che molte altre aziende hanno invece pienamente recepito le norme esistenti in materia.

Il Garante ha rilevato che quattro delle società sottoposte a verifica hanno raccolto troppi dati: oltre a nome, cognome luogo e data di nascita necessari per attribuire sconti, premi o bonus connessi all'uso della carta, richiedono anche titolo di studio, e-mail, professione e numero dei componenti del nucleo familiare.

Questi dati sono stati spesso considerati non pertinenti ed eccedenti dal Garante che ne ha quindi vietato l'uso ed ha ordinato alle società di cancellarli o di renderli anonimi.

Altre irregolarità sono state riscontrate nelle informative date ai consumatori e nella raccolta del consenso. Gli operatori in questione dovranno riformulare l'informativa, sia cartacea sia on line, specificando, in particolare, quali dati sia obbligatorio indicare al momento dell'adesione al progetto e quali siano invece facoltativi.

Dovranno inoltre precisare ai consumatori che la legge consente loro di accedere, rettificare, far cancellare i dati e chiarire che il consenso per autorizzare l'uso dei dati per altre finalità (marketing, profilazione) è libero e non può essere in nessun modo condizionato. E, soprattutto, dovranno mettere il consumatore in grado di scegliere liberamente se e quali trattamenti di dati autorizzare.

Il garante ha rilevato invece che in alcuni dei moduli di rilascio delle fidelity card esaminati non era assicurata tale libertà di scelta. E’ stata quindi ribadito che non è corretto prevedere che con un'unica firma si possa aderire al programma di fidelizzazione e contemporaneamente autorizzare anche l'utilizzo dei dati a fini di marketing.

Per quanto riguarda poi l'uso di dati facoltativi raccolti a fini statistici il Garante ha prescritto alle società di adottare opportuni accorgimenti per rendere effettivamente anonimi dati senza renderli riconducibili all'interessato fin dal momento della raccolta.

In definitiva, niente di nuovo, niente di rivoluzionario. Al contrario la conferma che le carte fedeltà non devono essere uno strumento di raccolta automatica dei dati per attività di profilazioni ma possono diventarlo solo con un espresso ed autonomo consenso reso consapevolmente dai consumatori. Ma questo la maggior parte delle imprese italiane, che puntano ad una relazione rispettosa verso il cliente, dimostrano di averlo capito già da tempo.