mercoledì 21 luglio 2010

Un anno di privacy in Italia. Cosa cambia per la comunicazione diretta dopo l’introduzione del registro delle opposizioni


Era prevedibile: quando la Relazione Annuale del Garante è stata presentata in Parlamento lo scorso 30 giugno l’attenzione dell’opinione pubblica è stata conquistata da argomenti che non hanno niente a che fare con il marketing. I giornali, commentando l’avvenimento, si sono comprensibilmente occupati dei richiami fatti dal Garante ai temi delle intercettazioni telefoniche prima di tutto e poi della libertà di stampa.

Eppure il discorso che ha accompagnato la Relazione è stato ricco di spunti interessanti per chi si occupa di direct marketing e più in generale di comunicazione commerciale diretta. 



Il marketing diretto nella Relazione Annuale del Garante

Forse può essere utile, per chi non ha avuto il tempo di soffermarsi su questi aspetti, ricordare cosa ha detto a Montecitorio il Presidente del Garante non più tardi di un mese fa a proposito del rapporto tra trattamento dei dati e marketing:

“Recentemente abbiamo fatto un ulteriore passo avanti per imporre regole all’attività di profilazione della clientela e alla vendita, da parte di società specializzate, dei dati telefonici a fini di marketing.

Un lavoro impegnativo, realizzato grazie a una intensa attività ispettiva. Si è dimostrato così che l’Autorità non si limita a richiamare regole formali ma si impegna per stroncarne in concreto le violazioni.

Siamo però sempre attenti a ricercare il giusto equilibrio tra la tutela dei cittadini e la necessità di non ostacolare lo sviluppo economico.

La protezione dati non è un nemico da battere ma un aspetto essenziale di una società ben regolata.

Insoddisfacenti invece i risultati raggiunti nella lotta contro le chiamate telefoniche pubblicitarie, contro i fax indesiderati e contro ogni altro mezzo di comunicazione utilizzato illecitamente per finalità di marketing.

Malgrado l’aumento delle sanzioni, questo settore continua a non rispettare le regole.

Anzi, avvalendosi sempre di più delle differenze di legislazione tra gli Stati,e spesso continuando a farsi scudo dei lavoratori precari impiegati nei servizi, si persiste senza pudore in una competizione selvaggia.

Recentemente il legislatore ha deciso di passare dal sistema che per poter effettuare attività di telemarketing richiedeva un consenso preventivo ad uno, meno garantista, che consente tale pubblicità salva la successiva facoltà del cittadino di opporsi.

Il nostro auspicio è che il nuovo sistema, che peraltro tarda ad essere pienamente attuato, trovi maggiore rispetto da parte degli operatori e assicuri una tutela più efficace per i cittadini.”

Se però esso sarà violato con la stessa intensità e la medesima spudoratezza con cui si è agito finora, l’Autorità prenderà tutte le iniziative possibili, compresa la richiesta di un intervento delle istituzioni europee,Corte di Giustizia inclusa.”

Non si può dire che al Garante manchi la chiarezza e non si potrà dire che il settore non era stato avvertito se in futuro le azioni di repressione di condotte illecite saranno improntate, credo fondatamente, alla massima severità.

Le imprese che operano in questo settore faranno bene a tenerlo presente.

Il registro delle opposizioni

Va poi aggiunto che il 9 luglio 2010 è stato effettivamente approvato il regolamento attuativo del nuovo registro delle opposizioni. In questo modo si completa una riforma approvata nel novembre 2009 quando il Parlamento aveva introdotto le nuove regole che rendono possibile l’utilizzo dei numeri di telefono presenti negli elenchi telefonici per effettuare chiamate commerciali senza necessità di un preventivo consenso espresso da parte degli abbonati.

Quindi se una persona non vuole ricevere chiamate commerciali non desiderate deve iscriversi ad un apposito registro detto “ registro delle opposizioni” di modo che le imprese che vogliono effettuare campagne di telemarketing possano accertarsi che il numero di telefono di chi si è iscritto nel registro non sia tra quelli che compaiono nella lista preparata per l’azione di telemarketing.

Tecnicamente si dice che si è passati da un sistema di opt in, nel quale occorre il consenso espresso dell’interessato per trattare i suoi dati, ad un regime di opt out, in base al quale i dati sono liberamente trattabili fino a quando la persona non manifesta espressamente di opporsi ad un determinato trattamento.

Cosa cambia in concreto

In pratica chi vuole effettuare una campagna di telemarketing outbound prelevando i numeri di telefono dall’attuale elenco telefonico deve prima preoccuparsi di inviare la lista, via web o via posta elettronica al gestore del registro delle opposizioni che effettuerà il matching per eliminare dalla lista i numeri di telefono di coloro che si sono iscritti nel registro, restituendo la lista nelle 24 ore successive alla richiesta.

Va sottolineato quindi il fatto che il registro delle opposizioni opera solo per l’uso dei numeri provenienti dagli elenchi telefonici e quindi se si dispone di liste formate con altre modalità non si è tenuti a verificare preventivamente la propria lista con il registro. In questo senso si può dire che il registro delle opposizioni opera nei confronti dei prospect, cioè di potenziali clienti con i quali non si è mai intrattenuta nessuna relazione. Viceversa se le persone che si vogliono contattare sono soggetti i cui dati compaiono in liste formate in modo diverso dalla raccolta dei numeri di telefono dagli elenchi telefonici il registro delle opposizioni non va consultato e anche una successiva iscrizione nel registro da parte dell’interessato non produce l’effetto di impedire future chiamate.

Per il mailing postale invece, al momento, non cambia nulla. Il registro delle opposizioni non se ne occupa e quindi gli indirizzi presenti negli elenchi telefonici continuano ad essere gestiti dalle vecchie norme, anche se tutto questo genera una sostanziale incoerenza nel sistema. Proprio per questo il Parlamento è corso ai ripari: un disegno di legge, approvato dalla Camera e attualmente all'esame del Senato (A.S. 2243), prevede una disposizione che estende alla posta cartacea il regime introdotto nel 2007 per le comunicazioni commerciali mediante impiego di telefono. Quindi se il disegno di legge sarà approvato anche gli indirizzi presenti nell’elenco telefonico potranno essere usati per attività di marketing fino a quando l’interessato non si iscriverà nel registro delle opposizioni.

I punti critici: la posizione del Garante

Peraltro va evidenziato che la partita sul registro delle opposizioni è tutt’altro che chiusa: infatti malgrado l’approvazione del Regolamento del registro delle opposizioni, restano sul tavolo ancora diverse questioni da chiarire. A cominciare da quelle che aveva segnalato il Garante per la protezione dei dati personali, in un comunicato stampa diffuso in data 4 novembre 2009, nel quale aveva espresso gravi perplessità, sottolineando gli effetti negativi di tale norma sulle telefonate promozionali. Al riguardo, il Commissario, Mauro Paissan, aveva dichiarato: “Si tratta di un errore. Gli utenti telefonici verranno bombardati di messaggi e si vedranno costretti a iscriversi a un apposito registro per opporsi. Ma questi registri non hanno funzionato in nessun paese dove sono stati istituiti. E comunque molti cittadini, soprattutto gli anziani, troveranno molta difficoltà a manifestare il loro dissenso. Infine, l'Italia con questa norma si rende responsabile di un'ulteriore infrazione comunitaria e Bruxelles ce la farà pagare”.

La posizione dell’Unione Europea

Anche in Europa la riforma italiana per il telemarketing suscita diverse obiezioni. Già il  28 gennaio 2010 la Commissione Europea aveva inviato all'Italia una lettera di messa in mora (procedura n. 2009/2356) per non aver recepito correttamente la direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche. I rilievi formulati dalla Commissione riguardano sostanzialmente due profili: il primo attiene alla violazione dell'articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva, che stabiliscono l'obbligo per gli Stati membri di garantire che gli abbonati i cui nominativi figurano in un elenco pubblico siano informati sugli scopi dell'elenco e diano il proprio consenso per l'uso dei dati personali che vi sono contenuti. Al riguardo la Commissione ha contestato alle autorità italiane di non avere ottemperato a tale obbligo nel momento in cui sono state costituite banche dati per le televendite, ricavate da elenchi pubblici di abbonati senza che gli interessati fossero stati informati del trasferimento dei loro dati personali o avessero acconsentito esplicitamente all'inserimento di tali dati nelle predette banche dati. In base alla normativa italiana, infatti, non è richiesto il consenso degli interessati, né che essi siano informati circa l'uso dei loro dati personali a fini promozionali e con la legge 20 novembre 2009, n. 166 è stata prorogata la possibilità di usare banche dati contenenti dati personali di cui non è stato consentito l'utilizzo. Il secondo profilo, riguarda infine la violazione dell'articolo 13, paragrafo 3, della direttiva che fissa l'obbligo per gli Stati membri di vietare le comunicazioni indesiderate a scopo di commercializzazione diretta senza il consenso degli abbonati interessati, o se gli abbonati esprimono il desiderio di non ricevere questo tipo di chiamate.

Con riferimento a tali questioni di incompatibilità con la disciplina comunitaria, la Commissaria Europea alle Telecomunicazioni, Viviane Reding ha dichiarato che ”Il pieno rispetto della privacy degli utenti dei servizi di telecomunicazione è di fondamentale importanza per una moderna società digitale. La direttiva UE relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche attribuisce ai singoli un insieme di strumenti per proteggere la loro privacy e dei dati personali. Non solo è preoccupante vedere che la normativa italiana non è conforme ai requisiti della privacy stabiliti nella direttiva, ma che le autorità italiane hanno ulteriormente prolungato l'uso di banche dati che includono i dati personali per l'impiego di cui il consenso non era stato concesso. Dobbiamo garantire che le norme comunitarie siano rispettate da tutti gli Stati membri dell'UE affinché i cittadini si sentono sicuri nel mercato unico delle telecomunicazioni

Il ruolo del silenzio

E poi c’è da discutere del modo in cui ognuno di noi può esprimere la sua volontà rispetto al trattamento dei suoi dati. La riforma votata dal parlamento attribuisce valore legale al silenzio, intendendo che la mancata opposizione rende possibile il trattamento dei dati.

È però vivo in Europa il dibattito sul ruolo da attribuire al silenzio, che a differenza del comportamento concludente che pure costituisce forma, sebbene tacita, di manifestazione di volontà, è invece un’omissione di qualsiasi comportamento, in quanto mera inerzia o inattività.

Sono in molti, a cominciare dalla Commissaria Reding, a sostenere che il silenzio, sostanziandosi in un contegno di per sé neutro ed equivoco, non può da solo costituire manifestazione di volontà negoziale. Quindi il silenzio, può assumere il valore giuridico di espressione di volontà negoziale solo quando è la legge ad attribuire ad esso un siffatto significato (cosiddetto silenzio con significato legalmente tipico), o è il contesto di circostanze, in cui detto comportamento silente è inserito, a conferire complessivamente allo stesso un significato rilevante agli effetti contrattuali (cosiddetto silenzio circostanziato).

Verso un rapporto equilibrato tra imprese e consumatori.

Anche per dare giusto peso a queste critiche appare quanto mai necessario riequilibrare, anche sotto il profilo strettamente normativo, le asimmetrie esistenti nel rapporto tra cittadini-utenti ed operatori.

La riforma cui è stata data esecuzione a luglio contiene disposizioni che operano chiaramente in favore degli operatori commerciali, mettendoli in condizione di poter utilizzare ogni dato del cittadino che risulti disponibile, mentre fa obbligo all'utente che intenda sottrarsi alle telefonate commerciali di sottoporsi ad una procedura di opposizione.

Ma non sono mancate durante il dibattito parlamentare le voci di chi ha chiesto di adottare con un successivo atto normativo di rango primario misure volte a modificare la norma delegante in modo tale da prevedere l'istituzione di uno o più registri dei consenzienti, in relazione alle diverse tipologie commerciali. Sarebbe bene adottare una inversione della procedura di accesso ai dati, che obblighi gli operatori commerciali a contattare solo gli utenti che abbiano preventivamente manifestato il loro consenso ad essere destinatari di messaggi pubblicitari e commerciali.

Questo anche per evitare che le persone, esasperate dalle chiamate non sollecitate, si iscrivano in massa al registro e non siano più contattabili, con grave danno soprattutto per le piccole e medie imprese che non possono utilizzare forme alternative di comunicazione commerciale e che perdono l’opportunità di acquisire direttamente nuovi potenziali clienti.

Ci sono le premesse perché il tema sia ancora oggetto di interventi normativi. Tanto più che entro la fine del 2010 è prevista la riforma profonda della direttiva comunitaria 95/46 da cui sono nate le norme nazionali in materia di data protection. Sicuramente quindi il legislatore italiano dovrà tornare tra breve ad occuparsi di questi argomenti.

lunedì 12 luglio 2010

Approvato il regolamento sul registro delle opposizioni per il telemarketing

Venerdì 9 luglio 2010 il Consiglio dei Ministri ha approvato il regolamento sul registro delle opposizioni per l'utilizzo dei numeri di telefono ai fini delle attività di telemarketing.

L'uso del registro richiederà l'introduzione di procedure specifiche, anche per i sistemi informatici aziendali, per l'uso dei numeri di telefono presenti nel DBU e per la cancellazione dei dati degli abbonati che non desiderano ricevere telefonate promozionali.


Ecco il testo del comunicato stampa diffuso dopo la conclusione del Consiglio dei Ministri


E' stato approvato un regolamento per la disciplina del diritto di opposizione alla vendita e alla promozione di attività e servizi commerciali attraverso operatori telefonici. A tale fine viene istituito l’apposito registro pubblico e sono definite modalità e tempi di iscrizione degli abbonati, i quali potranno chiedere, gratuitamente e secondo modalità semplificate (compilazione del modulo elettronico, chiamata, posta elettronica, raccomandata o fax), che il proprio numero telefonico sia iscritto nel registro quando non si desideri ricevere chiamate con finalità promozionali, dirette all’invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta o per ricerche di mercato o di comunicazione commerciale. Il regolamento completa un lungo iter di concertazione che lo ha visto sottoposto ai pareri del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari nonché, per i profili di competenza, dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e del Garante per la protezione dei dati personali.

Il testo del provvedimento con la relazione approvata dal Senato è consultabile qui.

Appena saranno stati chiariti alcuni aspetti tecnici interpretativi del testo verrà pubblicata sul blog  una nota esplicativa degli effetti operativi del regolamento che comunque andrà a regime non prima del novembre 2010.