mercoledì 23 dicembre 2009

Comunicare direttamente con il cliente: come spedire messaggi pubblicitari per corrispondenza



di Marco Maglio – Avvocato in Milano – Professore di Diritto Privato dei Consumi e del Marketing


Perché è importante comunicare direttamente con il cliente

Comunicare con il cliente è diventato sempre più importante per le aziende: creare un canale di informazioni con i consumatori ha due utilità principali. Da un lato riduce gli sprechi, indirizzando le energie verso i clienti con maggiore potenziale; dall’altro aumenta il valore di ciascun cliente costruendo una relazione con una corrispondenza continua. 
 
Per questo motivo il fondamento del marketing di relazione è possedere e costruire un data base dei migliori possibili clienti. Questo strumento si crea combinando informazioni da fonti diverse per abbinare atteggiamenti e comportamenti con indirizzi e informazioni demografiche. Le liste possono essere compilate da diverse fonti, scambiate con altre imprese che hanno profili simili, o acquistate da venditori di liste (broker).
Creare un rapporto con il proprio mercato
Se ha informazioni di buona qualità, un'impresa può stare vicina al suo cliente. Una base-dati integrata costruisce una relazione forte, aggiornando continuamente le informazioni che si ricevono dai clienti ed arricchendola continuamente con prodotti o proposte tagliate su misura.
Pensiamo per esempio ad un’azienda che produce strumenti informatici. E’ sufficiente inviare ad un elenco di potenziali clienti una semplice lettera con questo messaggio: «Se ha in mente di comprare un nuovo computer, ci dica quale marca e tipo. Potremo consigliarla e venire incontro alle sue aspettative» Con queste informazioni quella società sarebbe in grado di preparare un nuovo messaggio che confronti le caratteristiche del suo nuovo computer con quelle della macchina che ciascuno aveva in mente di comprare. Ed il meccanismo di vendita sarebbe più semplice e più efficace.

La verifica continua di atteggiamenti, comportamenti d'uso e fedeltà alla marca richiede l’utilizzo di strumenti che permettano di costruire una sequenza di azioni nel tempo per costruire una relazione forte fra chi vende e chi acquista. 
 
Si raggiunge così l’obiettivo fondamentale cui mira il cosiddetto marketing di relazione: creare un rapporto di fidelizzazione del cliente. Un esempio efficace di quest’operazione è il programma di direct marketing che utilizzano molte aziende che operano nel settore della prima infanzia. Se dispongono di elenchi affidabili delle donne in gravidanza, solitamente queste aziende inviano lettere informative prima della nascita dei loro bambini, seguite da altri messaggi a scadenze calcolate man mano che i bambini entravano in diverse fasi di crescita con consigli utili, campioni gratuiti e buoni sconto.


Quali servizi postali utilizzare per l’invio della corrispondenza commerciale?
Con queste premesse, diventa assai utile per le aziende, soprattutto per quelle di dimensioni medio piccole, capire quali strumenti utilizzare per l’invio dei messaggi promozionali.

Senza prendere in considerazione l’ipotesi del cosiddetto e.mail-marketing che comporta la spedizione di messaggi di posta elettronica , analizziamo quali sono le possibilità offerte dallo strumento tradizionale grazie al quale il direct marketing si è potuto sviluppare nel secolo appena concluso: la posta.

Sarebbe sbagliato pensare che la vecchia posta non serva più per fare comunicazione commerciale. Vale la pena ricordare che se l’e.mail riduce fortemente i costi di stampa e di spedizione dei messaggi, la posta consente invece di stabilire un contatto fisico con il cliente e di attirare la sua attenzione con confezioni che suscitano curiosità e sollecitazioni attraenti che inducono all’apertura delle lettere (ciò che con una immagine suggestiva gli anglosassoni definiscono door opener).

Quindi la classica busta recapitata dal postino ha ancora grande efficacia e dignità in un mondo ormai basato sulla smaterializzazione dei documenti e sull’immediatezza del messaggio

sabato 21 novembre 2009

La (brutta) riforma del telemarketing vista dalla parte delle imprese. Spunti di riflessione e perplessità

ISTRUZIONI PER L'USO: Questo è un commento controcorrente per chi tutela gli interessi del marketing. Ma ci sono momenti in cui occorre dire le cose come stanno. Quindi mettetevi comodi e disponete l'animo al confronto con temi che richiedono approfondimento. Se  avrete la pazienza di arrivare fino in fondo un sorriso forse vi sorprenderà.


Il 19 novembre 2009 il Parlamento ha approvato una riforma sulle norme che regolano l’uso dei numeri di telefono per attività commerciale.


Si è deciso di prevedere che le telefonate non sollecitate possono essere effettuate anche senza un consenso preventivo degli interessati. Inoltre è stato previsto di istituire un registro nazionale di tutti gli abbonati che non vogliono ricevere comunicazioni commerciali.


I punti salienti della nuova disciplina sono questi:
  • Onere per il consumatore di iscriversi ad un “registro delle opposizioni” se non vuole essere disturbato.
  • Obbligo per le aziende di consultare la lista e di non telefonare ai consumatori che hanno detto di “no”, pena l’incorrere in multe pesanti.
In pratica la riforma abbandona il sistema basato sul meccanismo dell’opt in (in base al quale è possibile trattare i dati solo di coloro che hanno espresso il consenso a ricevere tali chiamate) e adotta il meccanismo opt out (per il quale è possibile chiamate tutti coloro che non hanno espresso tale divieto).


Molti hanno già espresso una valutazione non favorevole nei confronti di questa riforma che viene presentata come un’iniziativa contro le telefonate indesiderate ma di fatto è una liberalizzazione del settore del telemarketing, che rischia di provocare effetti discorsivi per la concorrenza a danno delle imprese che finora hanno rispettato la normativa.


Diversi elementi  portano ad esprimere un giudizio negativo su questa iniziativa.


In particolare:


1) la nuova normativa pretende di stravolgere il contenuto della normativa sul trattamento dei dati personali proponendo un passaggio dal meccanismo dell’opt in a quello dell’opt out. Si tratta di un modello che, pur essendo ovviamente gradito a chiunque voglia usare dati a fini di marketing, non è però conforme alla Direttiva 2002/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 luglio 2002 relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche (direttiva relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche)
In particolare la lettura dei punti 38, 39,40 e 42 della Direttiva confermano che la modifica del sistema italiano verso il modello opt out sarebbe contraria alla direttiva comunitaria. Quindi la modifica della normativa italiana nel senso indicato dal Disegno di legge è destinata a incontrare l’opposizione degli organi di giustizia Comunitaria.


2) E’ probabile che la legge approvata determinerà una forte reazione dell’opinione pubblica che leggerà le nuove norme come una liberalizzazione del telemarketing. Ne abbiamo avuto un chiaro esempio nel mese di febbraio quando è stato approvato il decreto Milleproroghe che ha consentito l’uso dei vecchi elenchi telefonici fino al 31 dicembre 2009. E’ probabile che le contestazioni nei confronti del telemarketing aumenteranno in modo esponenziale, avviando un’azione decisa da parte delle associazioni dei consumatori per tutelare in tutte le forme possibili i consumatori rispetto al telemarketing più invadente.


3) E’ probabile che il disegno di legge genererà una reazione forte da parte del Garante per la protezione dei dati personali, come si è visto in occasione del recente decreto mille proroghe, quando il Garante ha posto forti limitazioni all’uso dell’elenco telefonico formato prima dell’agosto 2005.
4) La legge prevede l’adozione di una lista di cancellazione centralizzata nella quale possono iscriversi le persone per non ricevere chiamate indesiderate. Questo è il punto più problematico dato che è molto probabile che la forte reazione dell’opinione pubblica porterà a promuovere campagne stampa per l’iscrizione di grandissime masse di cittadini in queste liste. La conseguenza sarà drammatica per il telemarketing per due ordini di ragioni:
a) in primo luogo il numero delle persone contattabili si ridurrà in modo definitivo e insuperabile a coloro che non si sono iscritti a tale lista. In pratica si riprodurrà una situazione simile a quella che ha preceduto la riforma ma il danno nei confronti del telemarketing sarà notevole perché le pene previste dal disegno di legge in caso di contatto nei confronti di persone inserite nelle liste di cancellazione saranno molto più gravi di quelle attuali;


b) in secondo luogo questa iscrizione di massa nelle liste di cancellazione, sollecitata da campagne di stampa e da iniziative giornalistiche facilmente immaginabili, sarà una formale dichiarazione del fatto che il telemarketing non è gradito a una grande fetta della popolazione ed impedirà ogni forma futura di sviluppo e di rilancio di questo strumento di comunicazione.
5) Il meccanismo dell’opt out non è più utilizzato in nessun paese europeo (ad eccezione del solo Regno Unito) e l’orientamento consolidato a livello europeo è sempre più indirizzato verso l’opt in, come conferma una recente riforma intervenuta in Germania.


La legge in sintesi non è in linea con la direttiva comunitaria e altera il processo di integrazione europea sulla data protection, dando molti argomenti a favore di quanti in questi anni hanno parlato di telemarketing selvaggio e di invadenza dei call center.


Queste iniziative sono di breve respiro e sono deleterie nei loro risultati finali (dato che espongono alla creazione di una lista di cancellazione centralizzata che può definitivamente inibire l’uso del telefono a fini commerciali nei confronti degli iscritti, che non saranno pochi).
Sarebbe invece necessario proporre una legge che regolamenti l’uso del telefono a fini commerciali, dando dignità agli operatori del settore e regole certe alle imprese.


Non è un discorso di opt in e di opt out. Bisogna saper superare questi falsi problemi e promuovere l’introduzione di regole specifiche per questo settore, esattamente come esistono per la vendita per corrispondenza e per la vendita porta a porta.


Il rischio è che la legge approvata scateni una reazione incontrollabile che porterebbe alla definitiva chiusura di ogni possibile strada di riforma del sistema normativo attuale. L’esperienza dell’ultimo decreto mille proroghe dovrebbe essere illuminante in questo senso. Anche in quel caso un testo di legge poco ragionato e molto superficiale approvato dal parlamento ha portato il Garante, appoggiato dall’opinione pubblica, a intervenire con un provvedimento emesso nel marzo del 2009 per limitarne l’uso, nonostante l’intervento di liberalizzazione del parlamento.


Forse sarebbe il caso di pensarci prima di entusiasmarsi rispetto a iniziative che solo ad una lettura superficiale possono sembrare risolutive ma che sono in realtà fonti di probabili complicazioni e di una certa opposizione da parte dell’opinione pubblica e del Garante.


Ma lo so che questi argomenti non convinceranno la maggioranza e saranno in tanti, soprattutto dalla parte delle imprese, che penseranno che questo tipo di iniziative legislative sono geniali.





Prendiamone atto. 


giovedì 19 novembre 2009

La (brutta) riforma per il telemarketing è legge. Ma le perplessità restano tante

Alla fine è passata.

La riforma sul telemarketing, quella che stravolge le regole consolidate dell'opt in e della richiesta del consenso preventivo, è stata approvata, complice una serie di coincidenze e di passaggi parlamentari delicati che hanno impedito,  a causa della questione di fiducia, la discussione approfondita che la stessa Commissione Europea aveva sollecitato.

A molti la riforma non  piace, per tanti motivi legati  non solo all' interesse di parte, come è comprensibile, ma anche per ragioni che riguardano l'efficacia, l'efficienza, l'etica insomma la coerenza con i principi generali che regolano la materia  del trattamento dei dati personali.

Esprime bene questa posizione, unitaria e sopra gli interessi di parte, il comunicato stampa emesso dal Garante a seguito dell'approvazione della riforma.

Vale la pena leggerlo perchè credo non rimarrà un atto isolato. Il provvedimento approvato dal Parlamento andrà interpretato ed applicato. E da questo comunicato si possono ricavare già alcune possibili linee interpretative future.

Avremo modo di riparlarne. Ma prima di esprimere soddisfazione per questa riforma, chi è davvero interessato alle sorti del marketing  in Italia farebbe bene ad avere dubbi e a cercare di capire cosa significherà in concreto introdurre un registro delle opposizioni, dopo dodici anni di opt in.

Quanti saranno gli iscritti? Quante saranno le contestazioni? Le scommesse sono aperte.

Ecco il testo integrale del Comunicato del Garante


Telemarketing: su nuove norme il Garante privacy esprime perplessità e preoccupazione
L'Autorità Garante per la privacy esprime forte preoccupazione riguardo agli effetti negativi che potranno derivare dalle nuove norme in materia di telemarketing introdotte dal cosiddetto “decreto legge Ronchi”, appena approvato in via definitiva dalla Camera.
In particolare suscita molta perplessità l'istituzione di un registro pubblico al quale devono iscriversi quanti non vogliono essere disturbati da telefonate pubblicitarie o commerciali, caricando così i cittadini di incombenze e problemi.
Si rischia, inoltre, di causare ulteriori molestie ad abbonati e utenti, che, almeno fino a quando non sarà istituito il registro, si vedranno di nuovo massicciamente contattare da aziende, gestori telefonici, società di servizi con le offerte più diverse.
La norma prevede, peraltro, che possano essere contattati a fini promozionali anche coloro che a suo tempo avevano manifestato la volontà di non ricevere più pubblicità telefonica, provocando in questo modo ulteriori fastidi a tutti, compreso  chi si era già espresso su questa questione.
Sconcertante e inspiegabile appare anche la mancata previsione del parere formale del Garante sull'istituzione del registro, sul cui funzionamento e sulla cui organizzazione l'Autorità viene tuttavia chiamata a vigilare.
Pur riservandosi di verificarne in concreto il funzionamento, l'Autorità esprime infine dubbi sull'effettiva efficacia del registro, il quale peraltro non verrà, come erroneamente riportato da notizie di stampa, gestito direttamente dal Garante, ma da un ente o organismo diverso, ancora da individuare.
Roma, 19 novembre 2009




sabato 14 novembre 2009

Piccolo promemoria per quelli che dicono (sbagliando) che le liste di cancellazione funzionano

Mi è permesso offrire un piccolo, garbato promemoria a coloro che sostengono che le liste di cancellazione funzionano?

Prima di ripeterlo la prossima volta, consiglio di dare un'occhiata a questo articolo che spiega come in Gran Bretagna, dove la lista di chi non vuole essere importunato (TPS) esiste dal 1999 in realtà sia un sostanziale fallimento.

Gli inglesi le chiamano "nuisance calls", che da noi suonerebbe più meno come "telefonate che scocciano".

La lista che raccoglie coloro che non vogliono riceverle nel regno Unito esiste da circa dieci anni ed è arrivata a raccogliere il 60% delle utenze domestiche fisse. Malgrado questo continuano le chiamate indesiderate. In un anno ci sono stati più di 29.000 reclami e la tendenza è in costante aumento.

Però le sanzioni latitano e chi si occupa dell'applicazione di questa normativa in UK dice che mancano le strutture per far funzionare bene il meccanismo.

E intanto l'irritazione delle persone cresce e il telemarketing diventa sempre meno efficace.

E allora, per piacere, la prossima volta prima di dire che le liste di cancellazione risolvono magicamente tutti i problemi, cari illuminati difensori dell'opt out, promettete di informarvi meglio sui dati dell'esperienza straniera.

Altrimenti mi toccherà raccontarvi cosa è successo in Canada e negli Stati Uniti dove, con risultati sconfortanti (non solo per i consumatori ma anche per chi fa marketing) , hanno introdotto questi sistemi stati solo pochi anni fa. Giusto il tempo per pentirsi di averlo fatto.


giovedì 12 novembre 2009

Telemarketing: la strada per la (brutta) riforma è in salita.

Riportiamo questo comunicato diffuso dall'ANSA.

La strada per la (brutta) riforma per il telemarketing ,che verrà discussa dalla Camera dei deputati lunedì 16 novembre, è in salita. Ne abbiamo parlato e abbiamo promesso di seguire con attenzione gli sviluppi. Questa presa di posizione dell'Unione Europea, se verrà confermata, rischia di avere effetti pesanti. Chi ha la responsabilità di decidere farebbe bene a tenerne conto.


PRIVACY: COMMISSIONE UE AVVERTE, ITALIA A RISCHIO INFRAZIONE
(ANSA) - BRUXELLES, 12 NOV - Se l'Italia proroghera' la possibilita' di utilizzare le banche dati a fini commerciali in contrasto con le norme Ue, alla Commissione europea non restera' che andare avanti verso l'apertura di una procedura d'infrazione. E' quanto hanno sottolineato oggi fonti di Bruxelles vicine alla commissario per le telecomunicazioni, Viviane Reding. In questi giorni la Camera sta esaminando un provvedimento, che dovrebbe approdare lunedi' al voto dell'aula, che proroga di sei mesi, a partire dal primo gennaio prossimo, la sospensione della normativa sulla privacy che consente alla societa' di televendita di utilizzare a fini commerciali i dati, ad esempio degli utenti telefonici, senza il loro preventivo consenso.

''La normativa europea e' estremamente chiara'', ha osservato oggi una fonte della Commissione ricordando che l'Italia non ha ancora risposto alla lettera con la richiesta di chiarimenti inviata da Bruxelles a Roma lo scorso giugno in base alla presunta violazione della direttiva Ue sulla e-privacy.
''Guardiamo con preoccupazione all'evolversi della situazione'', ha aggiunto la stessa fonte.

A essere finito nel mirino di Bruxelles, lo scorso giugno, e' stato il decreto legge 207 del 30 dicembre 2008, convertito in legge nel febbraio 2009, con il quale e' stato consentito l'utilizzo delle banche dati, costituite a partire dagli elenchi telefonici, per fini promozionali fino al 31 dicembre 2009. Ora, attraverso un emendamento al decreto legge 25 settembre 2009 contenente disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari, l'Italia si appresa a prorogare per altri sei mesi l'utilizzo delle banche dati. (ANSA).

domenica 8 novembre 2009

Telemarketing: la (brutta) riforma che (forse) verrà


Il testo di legge attualmente in discussione alla Camera, approvato dal Senato il 4 novembre scorso, (cosiddetto emendamento Malan alla legge di conversione del Decreto Legge n. 135/2009) prevede una serie di significative modifiche alla normativa che regola l'uso del telefono a fini commerciali.

Si prevede l’approvazione definitiva del testo alla Camera nelle prossime settimane.

In estrema sintesi la modifica approvata dal Senato prevede quanto segue:

1) Il trattamento dei dati presenti negli attuali elenchi telefonici, mediante l’impiego del telefono per finalità commerciali, e` consentito nei confronti di chi non abbia esercitato il diritto di opposizione mediante l’iscrizione della numerazione della quale e` intestatario in un registro pubblico delle opposizioni.

2) Viene istituito un "registro delle opposizioni" al quale si dovranno iscrivere coloro che non desiderano ricevere chiamate indesiderate.

3) La vigilanza e il controllo sull’organizzazione e il funzionamento del registro delle opposizioni e sul trattamento dei dati sono attribuiti al Garante per la protezione dei dati personali.

4) La violazione del diritto di opposizione e` sanzionata con il pagamento della sanzione amministrativa di 10.000 euro per ogni singola violazione.

5) Il registro delle opposizioni e` istituito entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto. Fino al suddetto termine, restano in vigore i provvedimenti adottati dal Garante per la protezione dei dati personali.

6) Sino al termine di sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della legge di riforma i soggetti che potevano utilizzare i vecchi elenchi telefonici (formati prima dell'agosto 2005) fino al 31 dicembre 2009 potranno continuare ad utilizzarli fino al termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di riforma.


Per quanto riguarda il registro delle opposizioni le normativa prevede questi criteri e princıpi generali cui dovrà attenersi la normativa attuativa che dovrà essere emanata entro sei mesi dall'approvazione della riforma:

A) attribuzione dell’istituzione e della gestione del registro ad un ente o organismo pubblico titolare di competenze inerenti alla materia;

B) previsione che l’ente o organismo deputato all’istituzione e alla gestione del registro vi provveda con le risorse umane e strumentali di cui dispone o affidandone la realizzazione e la gestione a terzi, che se ne assumono interamente gli oneri finanziari e organizzativi, mediante contratto di servizio. I soggetti che si avvalgono del registro per effettuare le comunicazioni corrispondono tariffe di accesso basate sugli effettivi costi di funzionamento e di manutenzione. Il Ministro dello sviluppo economico determina tali tariffe;

C) previsione che le modalità tecniche di funzionamento del registro consentano ad ogni utente di chiedere che sia iscritta la numerazione della quale e` intestatario secondo modalità semplificate ed anche in via telematica o telefonica;

D) previsione di modalità tecniche di funzionamento e di accesso al registro mediante interrogazioni selettive che non consentano il trasferimento dei dati presenti nel registro stesso, prevedendo il tracciamento delle operazioni compiute e la conservazione dei dati relativi agli accessi;

E) disciplina delle tempistiche e delle modalità dell’iscrizione al registro, senza distinzione di settore di attività o di categoria merceologica, e del relativo aggiornamento, nonché del correlativo periodo massimo di utilizzabilità dei dati verificati nel registro medesimo, prevedendosi che l’iscrizione abbia durata indefinita e sia revocabile in qualunque momento, mediante strumenti di facile utilizzo e gratuitamente;

F) obbligo per i soggetti che effettuano trattamenti di dati a fini commerciali di garantire la presentazione dell’identificazione della linea chiamante e di fornire all’utente idonee informative, in particolare sulla possibilita` e sulle modalità di iscrizione nel registro per opporsi a futuri contatti;

G) previsione che l’iscrizione nel registro non precluda i trattamenti dei dati altrimenti acquisiti e trattati previa informativa e consenso quando prescritto.

Cosa si deve pensare di una riforma di questo genere? Che siamo un Paese decisamente fantasioso e che invece di intervenire sulle cause della malattia il nostro legislatore preferisce agire sui sintomi. Qualunque persona di buon senso può osservare che l'istituzione di un registro di cancellazione crea problemi soprattutto per chi non è in grado di esprimere agevolmente la sua volontà di non ricevere chiamate. Credo sarebbe stato doveroso, quanto meno, prevedere che se la richiesta di cancellazione viene ricevuta durante un telefonata commerciale colui che l'ha effettuata ha l'obbligo di comunicare al registro l'opposizione al trattamento. Su questo nulla dice la legge e immagino che invece ssarà un punto dal quale nasceranno forti elementi di discussione tra imprese e consumatori.

Ma questo è solo uno spunto di riflessione. I problemi legati a questa futura riforma sono molti e non tarderanno a venire allo scoperto. Ne scriverò in un prossimo post.

In ogni caso temo che questa scelta non tarderà a far sentire i suoi effetti negativi.

Mi sembra che si sia persa una buona occasione per realizzare una riforma di sistema che chiarisca quali devono essere le regole generali per le attività di telemarketing. Si è scelto di intervenire solo sugli aspetti che riguardano l'uso dei numeri di telefono per effetuare chiamate commerciali; si sarebbe dovuto - a mio parere - stabilire invece a quali regole devono attenersi coloro che vogliono telefonare ai consumatori per vendere prodotti o servizi. Come spesso succede siamo di fronte ad un classico intervento sull'ultimo segmento, guardando solo agli aspetti più superficiali di un problema molto complesso. Avrei trovato più efficace da parte del legislatore agire in profondità e dare al telemarketing regole specifiche, esatamente come si è fatto per le vendite a distanza, per le vendite dirette, per il multilevel marketing.

Intanto il Garante ha - giustamente- già fatto sapere quale sia la sua valutazione su questo intervento legislativo.

Questo è il comunicato stampa diffuso da uno dei quattro componenti del collegio del Garante che più si è impegnato in questi anni per garantire l'effettivo rispetto dell'art. 130 del D.lgs 196/2003 e per limitare le cosiddette chiamate indesiderate.
Dice cose sensate. Io sottoscrivo parola per parola. Chiunque si sia occupato di questa materia e abbia un minimo di conoscenza degli orientamenti condivisi in ambito europeo non potrebbe, d'altra parte pensarla diversamente.

Comunicato stampa dal sito del Garante

Paissan, Garante privacy: "Grave errore il via libera alle molestie pubblicitarie"

"I cittadini verranno disturbati da una quantità incredibile di telefonate pubblicitarie, anche se non hanno mai dato il loro consenso alle chiamate". Mauro Paissan, componente del Garante privacy, sottolinea "gli effetti negativi dell'emendamento approvato dal Senato sulle telefonate promozionali, che finirà col danneggiare lo stesso telemarketing, che apparirà sempre più invadente e insopportabile".
"Si tratta di un errore. Gli utenti telefonici – afferma Paissan - verranno bombardati di messaggi e si vedranno costretti a iscriversi a un apposito registro per opporsi. Ma questi registri non hanno funzionato in nessun paese dove sono stati istituiti. E comunque molti cittadini, soprattutto gli anziani, troveranno molta difficoltà a manifestare il loro dissenso".
"Infine – conclude Paissan – l'Italia con questa norma si rende responsabile di un'ulteriore infrazione comunitaria e Bruxelles ce la farà pagare".

E tutto questo succede mentre la Germania, per chi non lo sapesse, non più tardi di due mesi fa ha adottato una modifica significativa alla sua normativa sul trattamento dei dati personali abbracciando con convinzione il modello "italiano" basato sul opt in. Immagino che gli amici tedeschi penseranno adesso che, come al solito, noi italiani siamo tanto fantasiosi e decisamente imprevedibili. E ce lo diranno scuotendo la testa, con quel sorrisetto sulle labbra che la dice lunga sul livello di autorevolezza che ci viene riconosciuto.


lunedì 2 novembre 2009

Telemarketing: qualcosa si muove

La cronaca di questi giorni mi impone di abbandonare per qualche post il tema del marketing del passaparola per aggiornare i lettori su un tema importante per il futuro della comunicazione commerciale diretta: infatti in queste settimane si è riacceso il dibattito su una possibile riforma della normativa sul trattamento dei dati personali, in particolare per quanto riguarda le attività di telemarketing. Due iniziative parlamentari vorrebbero, sorprendentemente, modificare un'impostazione consolidata e passare – come si dice nel gergo dei giuristi – dall'opt in all'opt out.

Dato che sono termini tecnici facciamo un rapido ripasso e vediamo di cosa si tratta: per opt in, che è il sistema attualmente vigente, si intende dire che per inviare messaggi promozionali occorre il consenso espresso dell'interessato. Insomma non basta il consenso implicito o desumibile da comportamenti concludenti. Occorre una manifestazione di volontà esplicita altrimenti il contatto è illecito. Invece con il termine opt-out ci si riferisce al concetto secondo cui il destinatario di una comunicazione commerciale non desiderata ha la possibilità di opporsi ad ulteriori invii per il futuro. In pratica occorre necessariamente manifestare la propria volontà negativa ad essere destinatario di quel tipo di comunicazioni poiché il non pronunciarsi in merito equivarrebbe ad acconsentire ad ogni contatto.

Detto questo vediamo di capire in cosa consistono le due iniziative parlamentari in discussione.

La prima iniziativa: il Disegno di legge Della Vedova - Gozi

La prima è un disegno di legge presentato alla Camera a firma degli Onorevoli Della Vedova e Gozi che, qualora venisse approvato, darebbe via libera al principio dell'"opt-out", già sperimentato con esito non sempre felice in altri Paesi.

Il realtà il DDL Della Vedova Gozi, assegnato alla Commissione Giustizia, non è ancora stato esaminato e non si prevede che venga discusso nelle prossime settimane.

La seconda iniziativa: l'emendamento Malan

Il DDL in attesa di essere discusso è peraltro confluito quasi interamente in un emendamento proposto dal Senatore Malan alla legge di Conversione del d.l. 25 settembre 2009, n. 135, recante disposizioni urgenti per l'attuazione di obblighi comunitari e per l'esecuzione di sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee. Il testo di legge è stato affidato alla Commissione Affari Costituzionali del Senato ed essendo attualmente in fase di discussione, rappresenta un modo per arrivare alla rapida attuazione delle norme contenute nel DDL di Della Vedova e Gozi.

L'emendamento inoltre propone di prorogare ancora la scadenza fissata per il prossimo 31 dicembre per l'utilizzo dei dati contenuti negli elenchi telefonici formati prima del 1° agosto del 2005 per finalità di telemarketing.

Va detto che l'Autorità Garante per il trattamento dei dati personali ha più volte auspicato l'applicazione del principio diametralmente opposto a quello dell'opt-out ovvero quello dell'"opt-in" e cioè che sia l'utente a dover dare consenso preventivo qualora fosse interessato al telemarketing.

Il 29 ottobre 2009 l'emendamento, a seguito delle proteste di molte associazioni dei consumatori, del parere contrario del Garante e dell'opposizione di alcuni senatori, è stato formalmente ritirato; non si tratta però di una decisione definitiva: il senatore Malan si riserva la possibilità di ripresentarlo nella discussione in Aula.

In particolare la senatrice, Donatella Poretti, che si è opposta all'emendamento. sostiene che «occorrerà stare attentissimi perchè se l'emendamento dovesse essere ripresentato in Aula, ci sarebbero solo pochissimi minuti per proporre un sub-emendamento e tentare di scongiurarne l'approvazione».

Le altre associazioni dei consumatori si sono espresse contro l'emendamento anche Adiconsum, Adusbef, Assoutenti, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino e Unione Nazionale Consumatori, convinti che finora questo meccanismo ha permesso che gli utenti venissero "tartassati" da telefonate pubblicitarie indesiderate, spesso trovandosi anche attivati servizi non richiesti.

Tra le organizzazioni a tutela del consumatore solo Altroconsumo si è dichiarata favorevole, a fronte però di alcune modifiche, auspicando un sistema che unisca l'opt out alla Robinson List. In pratica l'Associazione propone che venga data ai consumatori la possibilità di scegliere di non ricevere chiamate promozionali, questi utenti saranno registrati in un elenco che dovrà essere obbligatoriamente consultato e rispettato da tutti gli operatori che fanno telemarketing.

La legge di conversione del Decreto Legge n. 135 dovrà essere approvata entro il 25 novembre 2009. Quindi ne riparleremo presto. In uno dei prossimi post vi dirò come è andata a finire . Nel frattempo in una prossima occasione vi dirò cosa ne penso di questa storia dell'opt in e dell'opt out.

sabato 17 ottobre 2009

Se non è etico non è vero WOMM.


Ve l'avevo promesso e mantengo la parola. Torno a parlare di WOMM o se preferite di marketing del passaparola. Nell'articolo precedente (Si scrive Passaparola; si legge Marketing) ho ricordato in cosa consista questa forma di comunicazione e quali vantaggi offra per diffondere rapidamente e in modo efficace un messaggio con le tecniche del marketing virale.

Questa volta voglio occuparmi di un aspetto essenziale che fa la differenza tra il passa parola corretto e quello fasullo. Per diffondere informazioni corrette, per evitare di inquinare il mercato con bufale e tarocchi, occorre rispettare alcune regole che sono state codificate per la prima volta dal WOMMI, l'organizzazione americana del Word of mouth e che dall'associazione e che sono state riprese dall'associazione italiana WOMMI.

Il codice etico WOMMI è semplice, composto da cinque articoli che vanno alla radice di questo metodo di comunicazione. Merita di essere diffuso, non soltanto perchè c'è sempre bisogno di etica, ma soprattutto perchè questo codice, come spesso fanno le best practices anglosassoni non pone divieti o obblighi. Indica invece il modo corretto per fare azioni di Womm a regola d'arte. Ed è per questo che ve lo propongo: credo sia un buon punto di partenza per fare qualche passo avanti nella corretta pratica di questa forma di comunicazione.

Ecco il testo integrale del codice. Leggerlo aiuta a capire, più di molti saggi teorici, in cosa consiste davvero il world of mouth marketing.

1. Persone felici e interessate parleranno bene di te.
Non serve molto altro. Comprendi a fondo questo concetto, dedicati ad esso e riscuoterai successo con il word of mouth marketing.

2. L'opinione onesta e autentica è il nostro medium.
Non diciamo alla gente cosa dire e come dirlo. Riteniamo che le persone devono essere libere di farsi una propria opinione e di condividerla con parole proprie. Sosteniamo la conversazione naturale e stiamo molto attenti a non distorcerla.

3. Sosteniamo, avviamo e semplifichiamo la condivisione.
I professionisti del word of mouth usano tecniche creative per incoraggiare la comunicazione. Facilitiamo la conversazione tra le persone, creiamo cose interessanti di cui parlare, creiamo community per condividere idee, e lavoriamo per trovare quelle persone che dovrebbero conoscere quello che facciamo.
La pubblicità tradizionale spinge le idee sui consumatori. Noi aiutiamo a far circolare le buone idee.

4. Il word of mouth non può essere falsificato.
L'inganno, l'infiltration, la disonestà, lo shilling, e altri tentativi di manipolare i consumatori o la conversazione sono deplorevoli. I professionisti del marketing onesti non ricorrono a queste pratiche, non lo faranno, e se ci provano saranno smascherati.
I comportamenti scorretti saranno messi in evidenza dal pubblico e si ritorceranno in maniera letale contro chiunque li utilizzi.

5. Il word of mouth marketing dà potere al consumatore.
I consumatori hanno il controllo e sono loro a dettare le condizioni di un rapporto nuovo, più sano tra i professionisti del marketing e le persone che usano i loro prodotti.
I consumatori richiedono alle aziende soddisfazione, rispetto, prodotti e servizi eccezionali. Quando le aziende glieli offrono, le persone lo comunicano ai loro amici.
I professionisti del word of mouth lavorano per accelerare questo processo, rimpiazzando la pubblicità aggressiva con servizi che mettano al centro il cliente, supporto e comunicazioni bidirezionali.

sabato 3 ottobre 2009

Si scrive Passaparola; si legge Marketing

di Marco Maglio

E' proprio vero: nel marketing, come in natura, niente si crea e niente si distrugge. Così mi sembra di poter dire che effettivamente non c'è da sorprendersi se, dopo anni di teorie strabilianti sul futuro del marketing ai confini della realtà, oggi si sia tornati a riscoprire la sana e solida tradizione di uno strumento sul quale da millenni si fonda la convivenza umana: il passaparola.

In particolare con l’evoluzione dei social network diventa sempre più importante la relazione tra le persone. E come tutti hanno visto in questi mesi, le attività promozionali utilizzano sempre più di frequente il marketing virale che permette di trasmettere il messaggio ad un numero potenzialmente enorme di prospect. Il Marketing virale non è altro che un passaparola (word of mouth, appunto, come dicono gli anglosassoni), attraverso il quale si può diffondere la notizia sui pregi e sui difetti di un prodotto. Così si è diffusa tra gli addetti ai lavori la tendenza a parlare di Word of mouth marketing o passaparola marketing.

A ben vedere, non c'è niente di mente innovativo nella tecnica di comunicazione che oggi si qualifica come Word of Mouth Marketing. Ma proprio in questo consiste la forza e l'efficienza di un metodo che eleva il passaparola a strumento di marketing. E' un sistema democratico, basato sull'autorevolezza di chi veicola il messaggio e non sulla forza economica di chi lo ha ideato e, soprattutto, funziona solo se si dice la verità.

Sì, perchè, inutile nasconderlo, il word on mouth marketing può essere usato in modo improprio e generare la diffusione di false informazioni, diffuse ad arte per far apparire un prodotto diverso da quello che è realmente.

C'è da dire che le bugie hanno le gambe corte e che molto spesso le campagne di passaparola marketing non spontanee, costruite a tavolino per diffondere false notizie, si rivelano un clamoroso boomerang che colpisce chi le ha disinvoltamente lanciate. Nel mondo del web 2.0 è inutile diffondere falsamente la notizia che un certo prodotto è portentoso o che un certo servizio è straordinario, se invece il primo fa schifo ed il secondo è un esempio di inefficienza. I consumatori, organizzati in social network, sono gruppi coesi e solitamente non faticano a riconoscere e ad espellere un corpo estraneo, che camuffandosi, cerca di intrufolarsi per diffondere ad arte messaggi non veritieri. Tuttavia, non basta questo a garantire che il passaparola marketing sia immune da rischi di ingannevolezza.

Proprio per questo, meritoriamente, l’Associazione Wommi emanazione italiana della associazione americana del settore (www.womma.org) ha lanciato anche in Italia il Codice Etico del Word Of Mouth Marketing, cioè il marketing del passaparola.L’essenza del Codice impone il rispetto di tre elementi essenziali:

  1. Onestà di Relazione: rivelare sempre per conto di chi si sta parlando;

  2. Onestà di Opinione: dire esattamente ciò che si pensa;

  3. Onestà d’Identità: mai occultare la propria identità.

Il lavoro di Wommi in Italia merita attenzione ed incoraggiamento in un momento nel quale le risorse economiche scarseggiano ed aumenta invece l'attenzione verso gli aspetti etici del business.

Credo quindi che quella del Passaparola marketing sia un'evoluzione importante che deve essere tenuta presente da tutti coloro che si occupano di comunicazione e che hanno capito che conterà sempre di più in futuro investire risorse in iniziative reali, che riescano a lasciare tracce strutturali nella credibilità di un marchio e nella percezione di un prodotto.

Le implicazioni legali di questo discorso sono molte: ad esemprio che relazione lega il word of mouth marketing con il trattamento dei dati personali? E che legame può esistere tra le norme sulle prassi commerciali sleali, la pubblicità ingannevole ed il passaparola marketing? E come fare per diffondere in modo efficace un Codice Etico del settore?

Si tratta di temi molto interessanti per chi, come me, vuole cercare di capire come evolverà il mondo della comunicazione negli anni che verranno e quali regole diffondere per garantire un rapporto equilibrato e costruttivo tra imprese e consumatori. Ne parlerò quindi con entusiasmo nei prossimi numeri, perchè comprendere in anticipo i problemi legali aiuta ad evitarli. Come sempre prevenire è meglio che curare.

venerdì 18 settembre 2009

Dal diritto d'autore al diritto della conoscenza. Verso una nuova tutela giuridica dei contenuti in internet


È in corso in questi anni un cambiamento significativo che riguarda trasversalmente tutti i settori dell'agire umano. 


Si sta passando da un mondo basato sull'accumulo di informazioni ad un sistema integrato che richiede, come presupposto per lo sviluppo, la distribuzione di conoscenza. Si passa quindi da una visione statica, nella quale il sapere è gestito come una merce da accumulare e da utilizzare in relazione alle esigenze, ad una concezione dinamica dell'uso delle informazioni, nella quale il sapere vale non in funzione della sua quantità e per la capacità di immagazzinamento ma per la capacità di soddisfare bisogni, stabilendo relazioni logiche tra le diverse nozioni, e di rispondere in definitiva a domande complesse. Molti settori si stanno sviluppando coerentemente a questa tendenza e stanno adeguandosi a questa nuova esigenza sociale. Un ambito che invece stenta a cogliere il senso del cambiamento è quello giuridico, proprio nel momento in cui emerge fortissima l'esigenza di trovare forme di protezione legale adeguata che tutelino la conoscenza in modo efficace, efficiente ed economico. Il diritto è ancora legato a schemi classici che proteggono gli interessi dei soggetti, sia come individui sia come collettività, utilizzando gli strumenti classici del diritto d'autore e della proprietà intellettuale: l'obiettivo resta semplicemente quello di tutelare l'informazione, intesa in senso statico. Nessuna attenzione invece è prestata alla tutela delle elaborazioni che attraverso le informazioni si realizzano. Occorre un nuovo approccio al problema ed individua lo strumento, che è insieme tecnico e concettuale, che permetterà di definire il meccanismo di tutela giuridico in grado di proteggere effettivamente il nuovo bene giuridico meritevole di tutela: la conoscenza.

Il problema della protezione giuridica delle conoscenze

I progressi scientifici e le conseguenti innovazioni tecnologiche pongono sempre l'uomo di fronte a "territori" inesplorati. La comprensione dei fenomeni sociali ed economici che derivano dalle applicazioni pratiche e su larga scala delle tecnologie non è sempre semplice. Spesso i tempi di comprensione sono piuttosto lunghi rispetto alla stessa diffusione delle tecnologie. Essi sono dovuti prevalentemente dal fatto che l'uomo deve poter avere il tempo di acquisire quegli strumenti intellettuali necessari e sufficienti all'elaborazione del pensiero. La Filosofia, la Sociologia, la Psicologia, le Scienze Economiche e del Diritto sono le discipline che ci offrono alcuni metodi per la comprensione dei nuovi fenomeni. Tuttavia esse stesse possono trovarsi sprovvedute in caso di innovazioni rapide e globali, come quelle legate al fenomeno Internet..

L'avvento di Internet ha sollevato numerose questioni che alla luce dei fatti in molti casi si pongono ancora come problemi non risolti. Tra questi la protezione e la tutela dei diritti d'autore e del loro sfruttamento sono un caso tipico.Certamente, la "conoscenza" inizierà ad assumere un "valore" molto diverso da ciò che fino ad ora l'uomo ha potuto attribuirle, grazie al fatto che in questa prospettiva anche i calcolatori potranno utilizzala e beneficiarne in maniera automatica.

Il Diritto della Conoscenza

In questo contesto di cambiamento il mondo del Diritto rivela, drammaticamente, la sua difficoltà di adeguarsi e di interpretare adeguatamente le esigenze della nuova società della conoscenza. Il meccanismo classico del diritto d'autore e della proprietà intellettuale non è adatto a proteggere un bene caratterizzato dalla facilità di duplicazione, dalla ubiquità in rete, dalla smaterializzazione del bene da proteggere rispetto al supporto che lo rappresenta come realtà fisica. Il diritto d'autore protegge l'opera d'ingegno che è racchiusa in un libro, tutela una partitura musicale che è riprodotta in un supporto audio, difende un' immagine che è rappresentata in una fotografia. Analogamente la proprietà intellettuale si preoccupa di proteggere l'informazione che è connessa all'attività creativa dell'uomo. Ma in realtà questo schema logico non va oltre la protezione materiale della merce nella quale queste idee si sostanziano. In realtà queste opere d'ingegno, viste nella logica che impone la nuova società della conoscenza, non sono solo beni immateriali, non sono solo informazioni; esse vanno viste come l'espressione di una forma dinamica del sapere: la conoscenza. E vanno protette anche in questa loro dimensione dinamica, andando oltre il limite materiale dell'informazione.

Il passaggio dalla Società dell'informazione alla Società della conoscenza richiede quindi di affrontare questo limite, non solo dal punto di vista concettuale ma anche rispetto agli strumenti giuridici posti a tutela di questa realtà.

Questo limite è accettabile nella società dell'informazione ma non è più tollerabile nella nuova società della conoscenza, costituendo un freno alla circolazione dei beni immateriali ed un limite allo sviluppo economico.
Occorre quindi proporre un approccio concettuale completamente nuovo che punti ad affermare la necessità di passare dalla protezione della mera informazione alla tutela della conoscenza ormai rappresentata sotto forma di oggetto digitale pubblicato sulla Internet.

Lo strumento tecnico per rendere possibile avviare questa trasformazione nella teoria generale del diritto è offerto dall'individuazione di un nuovo metodo e dal relativo sistema tecnologico d'implementazione che consente di associare ad ogni oggetto digitale un nome univoco, riproducendo nell'ambito della Rete l'esperienza del codice ISBN nel mondo reale.

Il metodo di protezione intellettuale attraverso i DOI

Da alcuni anni le comunità scientifiche e i governi si sono posti il problema di tutelare il diritto d'autore degli oggetti digitali pubblicati sulla Internet. Un approccio importante al problema è stato affrontato mediante l'introduzione dei cosiddetti DOI (Digital Object Identifier). Per saperne di più potete consultare questo sito http://www.doi.org/.

Si tratta di un semplice metodo che permette di identificare un oggetto digitale mediante un nome univoco del tipo 10.1683/nome_oggetto_digitale, dove le prime 2 cifre identificano l'oggetto "DOI" e le seguenti 4 cifre identificano univocamente il registrante.

Il sistema si basa su servizi e banche dati che mantengono i cosiddetti "metadati" dell'opera e che contengono tra l'altro l'indicazione della URL di pubblicazione che viene utilizzata da uno dei servizi fondamentali (DX) che permette la cosiddetta "risoluzione" del DOI mediante una richiesta del tipo http://dx.doi.org/10.1683/nome_oggetto_digitale.

La risposta del sistema sarà proprio l'oggetto digitale identificato dal DOI, recuperato direttamente presso la risorsa Internet dov'è stato "pubblicato".

Può sembrarci complicato ma in realtà è molto più semplice di quanto appaia: questa è l'evoluzione che nei prossimi mesi ci accompagnerà trasformando il diritto d'autore e ponendo le basi per il diritto della conoscenza. Meglio essere preparati per capire questa evoluzione e cogliere tutte le opportunità che crea. Posso assicurarvi che sono tante.

giovedì 9 luglio 2009

Un anno di privacy: la relazione annuale del Garante

Dovremmo esserci abituati alle modifiche ed ai cambiamenti continui che caratterizzano la vita quotidiana di questo inizio di millennio. Eppure resta comunque impressionante constatare quanto sia flessibile ed in continua evoluzione la normativa sul trattamento dei dati personali. E' passato poco più di un decennio da quando la normativa entrò in vigore per la prima volta nel nostro paese, ma sembra davvero passato un tempo infinito da quella data, non poi così lontana.

Non passa giorno che la questione “privacy” non sia evocata per definire i rapporti tra cittadini e politici, tra imprese e consumatori, tra diritto di cronaca e diritto alla riservatezza. Vale quindi la pena fare un quadro di sintesi e ricordare , in occasione della publbicazione della Relazione Annuale dell'attività del Garante dei dati personali per l'anno 2008, quali sono stati i principali interventi del Garante per la protezione dei dati personali in questi ultimi mesi.

Le cifre

Prima di tutto esaminiamo le cifre dell'attività del Garante: da questo emerge un significativo aumento delle richieste di intervento che i cittadini hanno formulato.

I provvedimenti collegiali adottati dal Garante nell'ultimo anno di attività sono stati 524.

Si è registrato un rilevante incremento nelle risposte a segnalazioni e reclami, passate dalle 3.078 del 2007 alle 5.252 del 2008 (in particolare, riguardo a telefonia, sanità, credito al consumo, Internet, giornalismo, videosorveglianza, pubblicità indesiderata).

I ricorsi presentati al Garante sono stati 321 (in maggioranza relativi a banche e finanziarie, datori di lavoro pubblici e privati, amministrazioni pubbliche), mantenendosi stabili rispetto al 2007.

Si è data risposta a 1.058 quesiti posti da soggetti pubblici e privati (in maggioranza riguardanti sanità, trasparenza amministrativa, videosorveglianza, fascicoli personali dei dipendenti).

Il Collegio ha reso 21 pareri al Governo e al Parlamento (in materia di banche dati e di informatizzazione della Pubblica Amministrazione, attività di polizia, giustizia, banche e imprese).

Le ispezioni effettuate sono state 500 registrando una progressione costante. I controlli hanno riguardato numerosi settori, con particolare riguardo ai sistemi di videosorveglianza, agli istituti di credito, all'amministrazione finanziaria, agli operatori telefonici, alle cliniche private.

Le violazioni amministrative contestate sono aumentate del 30% raggiungendo le 338 del 2008. Una parte consistente ha riguardato le attività promozionali indesiderate o attivazione di servizi non richiesti tramite call center.

I proventi riscossi a titolo di pagamento delle sanzioni sono passati da 814.625 euro del 2007 a 1 milione e 62mila euro. Oltre 335mila euro sono stati pagati per estinguere il reato in materia di misure di sicurezza.

L'attività di relazione con il pubblico ha fatto registrare quest'anno circa 40.000 contatti all'Urp, quasi 20.000 e-mail trattate nell'anno.

Sono state approvate importanti Linee guida: in particolare, riguardo all'attività dei periti e dei consulenti dei magistrati, all'attività degli amministratori di sistema, alle sperimentazioni cliniche dei farmaci, al fascicolo sanitario elettronico.

Il Garante ha adottato anche alcuni provvedimenti generali per specifici settori: in particolare, la messa in sicurezza dei dati di traffico telefonico e telematico conservati a fini di giustizia; la "rottamazione" sicura di pc e cellulari; la semplificazione per imprese e P.a. delle procedure per l'adozione delle misure di sicurezza; la semplificazione degli adempimenti in caso di fusioni e scissioni societarie.

Gli interventi più rilevanti in materia di dati personali

Gli interventi più rilevanti del Garante in questi ultimi anni hanno riguardato molteplici e delicati ambiti:

  • telecomunicazioni (conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico, misure di sicurezza per le intercettazioni, bollette telefoniche con ultime tre cifre in chiaro);

  • giornalismo e informazione (cronache giudiziarie, tutela dei minori e delle vittime di violenza, notizie sui minori adottati, dati sullo stato di salute e sulla vita sessuale, archivi giornalistici on line);

  • marketing (telefonate indesiderate e call center, attivazione di servizi non richiesti, "profilazione" a fini commerciali di utenti e clienti, "carte di fedeltà" della grande distribuzione);

  • pubblica amministrazione (misure di sicurezza per l'Anagrafe tributaria, accertamenti fiscali, trasparenza degli emolumenti pubblici, interconnessione e sicurezza delle banche dati, redditi on line);

  • sanità (sperimentazioni dei farmaci, fascicolo sanitario elettronico, "scontrino fiscale parlante", dati sulla salute on line, uso dei dati genetici, riservatezza nelle strutture sanitarie, uso delle reti telematiche);

  • lavoro (sistemi di rilevazione biometrica, navigazione in Internet e controllo dei lavoratori, sistemi di videosorveglianza, dati on line , cedolini dello stipendio);

  • giustizia e polizia (misure di sicurezza per gli uffici giudiziari, banche dati Dna, Ced del Dipartimento di P.s., periti e consulenti dei giudici, censimento nomadi);

  • nuove tecnologie (geolocalizzazione, Google street view e servizi satellitari, software spia applicabili ai cellulari);

  • Internet (Facebook e social network, motori di ricerca, illegittima conservazione dei dati sulla navigazione in Internet, condivisione files musicali,);

  • scuola e università (pubblicità scrutini e voti scolastici, preiscrizioni universitarie);

  • vita sociale (sistemi di videosorveglianza nei condomini, telecamere negli spogliatoi, propaganda elettorale);

  • sistema impresa (semplificazione adempimenti, trasferimento di dati all'estero, azionisti e accesso al libro soci);

  • sistema bancario, finanziario e assicurativo (semplificazione adempimenti per sistemi di informazione commerciale, accesso e utilizzo ai dati dei clienti delle banche, misure di protezione, sistema antifrodi).

In particolare la privacy e le attività di marketing

Con riferimento alle attività di marketing gli interventi di questi ultimi anni del Garante sono stati particolarmente significativi.

Con provvedimento adottato il 19 giugno 2008 , recante misure di semplificazione in relazione alle attività amministrative e contabili (più ampiamente illustrato infra, al n. 10.8), in applicazione dell'istituto del bilanciamento degli interessi (art. 24, comma 1, lett. g), è stata individuata, in tema di marketing, un'ipotesi nella quale non va richiesto il consenso dell'interessato.

Il titolare del trattamento che abbia già venduto un prodotto o prestato un servizio, nel quadro dello svolgimento di ordinarie finalità amministrative e contabili, potrà utilizzare i recapiti di posta cartacea forniti dall'interessato medesimo, per inviare ulteriore materiale pubblicitario, promuovere una vendita diretta, compiere ricerche di mercato o per comunicazioni commerciali.

Tale soluzione considera le difficoltà rappresentate da alcuni operatori economici nel conservare un proprio diretto "canale comunicativo" con i soggetti con i quali abbiano già instaurato un rapporto contrattuale; tiene al tempo stesso conto del diritto dell'interessato a non essere disturbato mediante comunicazioni promozionali, in base a garanzie analoghe a quelle previste dalla legge per l'uso della posta elettronica (art. 130, comma 4; v. anche, con riguardo alle comunicazioni postali, l'art. 58, comma 2, d.lg. n. 206/2005).

La Vendita a domicilio e trattamento di dati per attività di marketing

Per quanto riguarda la vendita a Sono stati effettuati accertamenti presso la sede legale di una società che effettua vendite a domicilio, per verificare l'osservanza della disciplina di protezione dei dati sia nella fornitura di beni e servizi attraverso vendite a distanza previste dalla legge, sia in eventuali operazioni di trattamento volte a verificare l'affidabilità e solvibilità economica della clientela. È risultato che la società in questione – che commercializza oggetti per la casa – raccoglieva le informazioni personali riferite all'utenza e rende l'informativa alla clientela sia con contatti telefonici, sia mediante compilazione di modelli resi disponibili on-line, nonché in occasione degli incontri dimostrativi e dell'eventuale stipula del contratto. In quest'ultima circostanza, viene altresì acquisito il consenso al trattamento dei dati personali per le diverse finalità perseguite dalla società. È inoltre risultato che i dati riferiti alla clientela (che ha effettuato acquisti) venivano conservati a tempo indeterminato (attesa la garanzia a vita, contrattualmente prevista, gravante sui beni commercializzati) e venivano utilizzati dalla società anche per finalità di telemarketing. Non erano poi prefissati, invece, i tempi di conservazione dei dati relativi ai clienti che non hanno provveduto ad effettuare acquisti (dati comunque utilizzati dalla società per contatti volti a comprendere le ragioni del mancato acquisto). Il Garante ha vietato alla società l'ulteriore trattamento dei dati relativi alla clientela utilizzati per finalità di telemarketing, dato che la modulistica impiegata dalla società prevedeva il rilascio di un unico consenso, manifestato nell'ambito di un più ampio contesto (comprensivo tanto delle attività di marketing che di quelle relative alla gestione del rapporto precontrattuale ed, eventualmente, contrattuale), volto ad autorizzare una pluralità di trattamenti invero ben distinti. Infatti il consenso informato deve essere manifestato specificamente in riferimento ad un trattamento chiaramente individuato: art. 23, comma 1, del Codice), ragion per cui il trattamento per finalità di marketing è risultato essere stato svolto dalla società in violazione di legge.

Il Garante ha prescritto alla società l'adozione di alcune misure volte a conformare i trattamenti dei dati riferiti alla clientela alla disciplina di protezione dei dati. Al riguardo, non è infatti risultata idonea l'informativa resa on-line – nella sua duplice versione presente sul sito – in quanto carente di alcuni elementi previsti dall'art. 13 del Codice e, quindi, tale da non rappresentare, in modo agevole e trasparente, le varie fasi del trattamento posto in essere dalla società. In proposito, il Garante già in passato aveva dettagliatamente evidenziato l'esigenza di rendere in modo chiaro e trasparente l'informativa agli interessati (Provv. 13 gennaio 2000) anche prescrivendo che l'informativa inserita all'interno di moduli sia adeguatamente evidenziata e collocata in modo autonomo e unitario in un apposito riquadro che la renda agevolmente individuabile (Provv. 24 febbraio 2005 ).

Inoltre è risultata carente anche l'informativa resa in occasione del contatto telefonico mediante call center (contenente l'indicazione di una sola delle finalità del trattamento e priva della menzione dei diritti degli interessati). Il Garante ha dunque prescritto alla società di integrare le informative (sia quella fornita on-line sia quella resa tramite call center), con gli elementi mancanti. Ha inoltre prescritto alla società di adottare misure necessarie all'individuazione di tempi massimi certi per la conservazione dei dati personali riferiti alla clientela (salva l'osservanza di espresse disposizioni di legge), nonché la cancellazione o anonimizzazione dei dati la cui conservazione non risulti giustificata (art. 11, comma 1, lett. e), del Codice) (Provv. 19 maggio 2008).

Il Consenso dell'interessato

Un altro caso interessante è stato proposto a seguito di un reclamo presentato nei confronti di una concessionaria automobilistica. In quel caso è stata lamentata l'indebita utilizzazione di dati personali per finalità di marketing, in assenza di adeguata informativa e di consenso dell'interessato per tale finalità (al quale la modulistica predisposta riconosceva la sola facoltà di negare il consenso all'uso dei dati). Su tali basi, pertanto, il reclamante ha ricevuto da parte della concessionaria, una volta acquistato il veicolo, alcuni messaggi pubblicitari sia presso il proprio domicilio, con comunicazioni postali, sia mediante Sms, sul proprio telefono cellulare.

Gli elementi acquisiti hanno confermato che l'informativa resa al reclamante era carente di taluni elementi prescritti dall'art. 13 del Codice e che non era stato acquisito il consenso espresso dell'interessato ai sensi dell'art. 23, comma 1, del Codice per le finalità di marketing. Il Garante ha quindi disposto che i dati del reclamante non potevano più essere utilizzati per il perseguimento di detta finalità (art. 11, comma 2, del Codice), dando prescrizioni volte a rendere l'informativa conforme all'art. 13 del Codice (Provv. 31 gennaio 2008).

In definitiva da questo rapido esame emerge un quadro di interventi molto ampio che conferma il fatto che questa legge si modella costantemente seguendo l'evoluzione della società anche derogando rispetto agli originari principi cui la legge si è ispirata all'epoca della sua formulazione.

In questo senso mi sembra di poter dire che la continua evoluzione della legge italiana sulla tutela dei dati personali sia la dimostrazione che è proprio vero quello che spesso si osserva a proposito del nostro sistema di produzione delle norme giuridiche: i testi normativi nascono perfetti nel chiuso degli uffici legislativi, creati da tecnici competenti e sensibili. Poi arrivano nelle mani del legislatore che, per adeguarli alle sue non sempre lineari esigenze, ne stravolge la coerenza interna e l'ordine logico e razionale. E inevitabilmente sorgono i problemi interpretativi ed applicativi.