lunedì 31 gennaio 2011

Il nuovo registro delle opposizioni: cosa cambia per la comunicazione commerciale diretta


 Dal 1° febbraio 2011 diventa operativo il DPR 178/2010 che contiene il regolamento attuativo del nuovo registro delle opposizioni. Se ne parlava da diversi mesi, quando nel novembre 2009 il Parlamento aveva approvato una riforma che sostanzialmente rende possibile l’utilizzo dei numeri di telefono presenti negli elenchi telefonici per effettuare chiamate commerciali senza necessità di un preventivo consenso espresso da parte degli abbonati.

Al contrario se una persona non vuole ricevere chiamate commerciali non desiderate deve iscriversi ad un apposito registro detto “ registro delle opposizioni” di modo che le imprese che vogliono effettuare campagne di telemarketing possano accertarsi che il numero di telefono di chi si è iscritto nel registro non sia tra quelli che compaiono nella lista preparata per l’azione di telemarketing.
Tecnicamente si dice che si è passati da un sistema di opt in, nel quale occorre il consenso espresso dell’interessato per trattare i suoi dati, ad un regime di opt out, in base al quale i dati sono liberamente trattabili fino a quando la persona non manifesta espressamente di opporsi ad un determinato trattamento.

Dopo la riforma di novembre 2009 occorreva che il registro delle opposizioni fosse istituito e fosse definito il suo funzionamento e a questo scopo è stato approvato il regolamento attuativo.

Si tratta quindi di un provvedimento che disciplina l'istituzione del registro pubblico degli abbonati che si oppongono al trattamento del proprio numero telefonico per vendite o promozioni e rappresenta il passaggio dal principio della necessità del consenso esplicito per l'utilizzo dei dati per finalità commerciali chiarito dall'articolo 129 del Codice della Privacy (decreto legislativo 196/2003), al principio opposto della necessaria manifestazione di dissenso da parte dell'abbonato, in mancanza della quale, sono legittime le telefonate per finalità commerciali.

In questo modo l’istituzione del «Registro pubblico delle opposizioni», operativo dal 1° febbraio 2011 tutelerà, attraverso una semplice iscrizione telematica, la privacy degli utenti che non desiderano ricevere queste chiamate. Di conseguenza gli operatori del settore potranno contattare esclusivamente gli abbonati consenzienti, ossia non iscritti nel registro, istituito e gestito dal Ministero dello Sviluppo Economico.

L’abbonato potrà disporre senza alcuna limitazione dei propri dati e, nel momento in cui farà richiesta di inserimento nel «Registro pubblico delle opposizioni», chi lo gestisce sarà tenuto ad evadere tale richiesta nel più breve tempo possibile.

Il Ministero dello Sviluppo Economico, in collaborazione con il Consiglio Nazionale Consumatori e Utenti–CNCU, gestisce in questi mesi una specifica campagna di informazione per gli abbonati telefonici per favorire la conoscenza e le facoltà previste dal provvedimento, volto non solo a tutelare i diritti dei consumatori ma anche stimolare una maggiore competitività delle imprese del settore.

Cosa cambia in concreto

In pratica chi vuole effettuare una campagna di telemarketing outbound prelevando i numeri di telefono dall’attuale elenco telefonico deve prima preoccuparsi di inviare la lista, via web o via posta elettronica al gestore del registro delle opposizioni che effettuerà il matching per eliminare dalla lista i numeri di telefono di coloro che si sono iscritti nel registro, restituendo la lista nelle 24 ore successive alla richiesta.

Va sottolineato quindi il fatto che il registro delle opposizioni opera solo per l’uso dei numeri provenienti dagli elenchi telefonici e quindi se si dispone di liste formate con altre modalità non si è tenuti a verificare preventivamente la propria lista con il registro. In questo senso si può dire che il registro delle opposizioni opera nei confronti dei prospect, cioè di potenziali clienti con i quali non si è mai intrattenuta nessuna relazione. Viceversa se le persone che si vogliono contattare sono soggetti i cui dati compaiono in liste formate in modo diverso dalla raccolta dei numeri di telefono dagli elenchi telefonici il registro delle opposizioni non va consultato e anche una successiva iscrizione nel registro da parte dell’interessato non produce l’effetto di impedire future chiamate.

E per la posta?

Il registro delle opposizioni non si occupa dell’utilizzabilità degli indirizzi postali presenti negli elenchi telefonici, ma occorre segnalare che un disegno di legge, recante disposizioni in materia di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese e delega al Governo per l'emanazione della Carta dei doveri delle amministrazioni pubbliche e per la codificazione in materia di pubblica amministrazione, approvato dalla Camera e attualmente all'esame del Senato (A.S. 2243), reca, al comma 2 dell'articolo 34, una disposizione che modifica ulteriormente l'articolo 130, comma 3-bis, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, estendendo alla posta cartacea il regime introdotto nel 2007 per le comunicazioni commerciali mediante impiego di telefono; ciò potrà determinare l'esigenza di integrare in futuro il regolamento del registro delle opposizioni, per tener conto dell'estensione dell'ambito di applicazione delle modalità di opposizione da esso disciplinate.

A tal fine il Senato, approvando il regolamento ha inviato il Governo a prevedere l'istituzione di più registri, in relazione a diverse tipologie commerciali, stabilendo che il Ministero dello sviluppo economico provveda alla disciplina delle modalità con cui organizzare tali banche dati e gestisca direttamente soltanto quelle riferite a settori privi di interesse di mercato, mentre affidi a soggetti terzi le restanti.

In questo senso quindi i prossimi mesi saranno molto importanti per capire quale sarà il futuro assetto delle regole della comunicazione commerciale diretta in Italia.

I punti critici: la posizione del Garante

Peraltro va evidenziato che la partita sul registro delle opposizioni è tutt’altro che chiusa: infatti malgrado l’approvazione del Regolamento del registro delle opposizioni, restano sul tavolo ancora diverse questioni da chiarire. A cominciare da quelle che aveva segnalato il Garante per la protezione dei dati personali, in un comunicato stampa diffuso in data 4 novembre 2009, nel quale aveva espresso gravi perplessità, sottolineando gli effetti negativi di tale norma sulle telefonate promozionali. Al riguardo, il Commissario, Mauro Paissan, aveva dichiarato: “Si tratta di un errore. Gli utenti telefonici verranno bombardati di messaggi e si vedranno costretti a iscriversi a un apposito registro per opporsi. Ma questi registri non hanno funzionato in nessun paese dove sono stati istituiti. E comunque molti cittadini, soprattutto gli anziani, troveranno molta difficoltà a manifestare il loro dissenso. Infine, l'Italia con questa norma si rende responsabile di un'ulteriore infrazione comunitaria e Bruxelles ce la farà pagare”.

La posizione dell’Unione Europea

Anche in Europa la riforma italiana per il telemarketing suscita diverse obiezioni. Già il 28 gennaio 2010 la Commissione Europea aveva inviato all'Italia una lettera di messa in mora (procedura n. 2009/2356) per non aver recepito correttamente la direttiva 2002/58/CE relativa al trattamento dei dati personali e alla tutela della vita privata nel settore delle comunicazioni elettroniche. I rilievi formulati dalla Commissione riguardano sostanzialmente due profili: il primo attiene alla violazione dell'articolo 12, paragrafi 1 e 2, della direttiva, che stabiliscono l'obbligo per gli Stati membri di garantire che gli abbonati i cui nominativi figurano in un elenco pubblico siano informati sugli scopi dell'elenco e diano il proprio consenso per l'uso dei dati personali che vi sono contenuti. Al riguardo la Commissione ha contestato alle autorità italiane di non avere ottemperato a tale obbligo nel momento in cui sono state costituite banche dati per le televendite, ricavate da elenchi pubblici di abbonati senza che gli interessati fossero stati informati del trasferimento dei loro dati personali o avessero acconsentito esplicitamente all'inserimento di tali dati nelle predette banche dati. In base alla normativa italiana, infatti, non è richiesto il consenso degli interessati, né che essi siano informati circa l'uso dei loro dati personali a fini promozionali e con la legge 20 novembre 2009, n. 166 è stata prorogata la possibilità di usare banche dati contenenti dati personali di cui non è stato consentito l'utilizzo. Il secondo profilo, riguarda infine la violazione dell'articolo 13, paragrafo 3, della direttiva che fissa l'obbligo per gli Stati membri di vietare le comunicazioni indesiderate a scopo di commercializzazione diretta senza il consenso degli abbonati interessati, o se gli abbonati esprimono il desiderio di non ricevere questo tipo di chiamate.

Con riferimento a tali questioni di incompatibilità con la disciplina comunitaria, la Commissaria Europea alle Telecomunicazioni, Viviane Reding ha dichiarato che ”Il pieno rispetto della privacy degli utenti dei servizi di telecomunicazione è di fondamentale importanza per una moderna società digitale. La direttiva UE relativa alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche attribuisce ai singoli un insieme di strumenti per proteggere la loro privacy e dei dati personali. Non solo è preoccupante vedere che la normativa italiana non è conforme ai requisiti della privacy stabiliti nella direttiva, ma che le autorità italiane hanno ulteriormente prolungato l'uso di banche dati che includono i dati personali per l'impiego di cui il consenso non era stato concesso. Dobbiamo garantire che le norme comunitarie siano rispettate da tutti gli Stati membri dell'UE affinché i cittadini si sentono sicuri nel mercato unico delle telecomunicazioni

Il ruolo del silenzio

E poi c’è da discutere del modo in cui ognuno di noi può esprimere la sua volontà rispetto al trattamento dei suoi dati. La riforma votata dal parlamento attribuisce valore legale al silenzio, intendendo che la mancata opposizione rende possibile il trattamento dei dati.

È però vivo in Europa il dibattito sul ruolo da attribuire al silenzio, che a differenza del comportamento concludente che pure costituisce forma, sebbene tacita, di manifestazione di volontà, è invece un’omissione di qualsiasi comportamento, in quanto mera inerzia o inattività.

Sono in molti, a cominicare dalla Commissaria Reding, a sostenere che il silenzio, sostanziandosi in un contegno di per sé neutro ed equivoco, non può da solo costituire manifestazione di volontà negoziale. Quindi il silenzio, può assumere il valore giuridico di espressione di volontà negoziale solo quando è la legge ad attribuire ad esso un siffatto significato (cosiddetto silenzio con significato legalmente tipico), o è il contesto di circostanze, in cui detto comportamento silente è inserito, a conferire complessivamente allo stesso un significato rilevante agli effetti contrattuali (cosiddetto silenzio circostanziato).

Verso un rapporto equilibrato tra imprese e consumatori.

Anche per dare giusto peso a queste critiche appare quanto mai necessario riequilibrare, anche sotto il profilo strettamente normativo, le asimmetrie esistenti nel rapporto tra cittadini-utenti ed operatori.

La riforma cui è stata data esecuzione a luglio contiene disposizioni che operano chiaramente in favore degli operatori commerciali, mettendoli in condizione di poter utilizzare ogni dato del cittadino che risulti disponibile, mentre fa obbligo all'utente che intenda sottrarsi alle telefonate commerciali di sottoporsi ad una procedura di opposizione.

Ma non sono mancate durante il dibattito parlamentare le voci di chi ha chiesto di adottare con un successivo atto normativo di rango primario misure volte a modificare la norma delegante in modo tale da prevedere l'istituzione di uno o più registri dei consenzienti, in relazione alle diverse tipologie commerciali. Sarebbe bene adottare una inversione della procedura di accesso ai dati, che obblighi gli operatori commerciali a contattare solo gli utenti che abbiano preventivamente manifestato il loro consenso ad essere destinatari di messaggi pubblicitari e commerciali.

Questo anche per evitare che le persone, esasperate dalle chiamate non sollecitate, si iscrivano in massa al registro e non siano più contattabili, con grave danno soprattutto per le piccole e medie imprese che non possono utilizzare forme alternative di comunicazione commerciale e che perdono l’opportunità di acquisire direttamente nuovi potenziali clienti.

Ci sono le premesse perché il tema sia ancora oggetto di interventi normativi. Tanto più che entro la fine del 2011 è prevista la riforma profonda della direttiva comunitaria 95/46 da cui sono nate le norme nazionali in materia di data protection. Sicuramente quindi il legislatore italiano dovrà tornare tra breve ad occuparsi di questi argomenti.