martedì 18 marzo 2008

Dati personali: in arrivo il codice deontologico per direct marketing, vendita diretta, ricerca di mercato e comuncazione intereattiva.

di Marco Maglio

L’annuncio ufficiale, come spesso succede, è passato quasi inosservato, eppure gli addetti ai lavori aspettavano questo momento da molti anni. Finalmente dopo oltre 10 anni di attese sembra che sia arrivato il momento di realizzare il tanto atteso codice deontologico e di buona condotta per i dati trattati a fini di invio di materiale pubblicitario e di vendita a distanza. Nelle scorse settimane è stato pubblicato l’annuncio della ripresa dei lavori preparatori relativi a questo importante testo che avrà un impatto rilevante sullo sviluppo futuro della comunicazione commerciale interattiva nel nostro paese.

Vale quindi la pena fare il punto della situazione e capire bene di cosa si tratta.

Tutto comincia da un preciso riferimento contenuto nel Codice in materia di dati personali, il D.lgs 196/2003. L’articolo 140 riprendendo un’ analoga previsione contenuta nella vecchia legge 675/1996 dispone che il Garante promuove la sottoscrizione di un codice di deontologia e di buona condotta per il trattamento dei dati personali effettuato a fini di invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta, ovvero per il compimento di ricerche di mercato o di comunicazione commerciale, prevedendo anche, per i casi in cui il trattamento non presuppone il consenso dell'interessato, forme semplificate per manifestare e rendere meglio conoscibile l'eventuale dichiarazione di non voler ricevere determinate comunicazioni.

Tali codici di deontologia e buona condotta sono previsti dall’art. 12 dello stesso D.lgs 196/2003 in base al quale il Garante promuove nell'ambito delle categorie interessate, nell'osservanza del principio di rappresentatività e tenendo conto dei criteri direttivi delle raccomandazioni del Consiglio d'Europa sul trattamento di dati personali, la sottoscrizione di codici di deontologia e di buona condotta per determinati settori, ne verificala conformità alle leggi e ai regolamenti anche attraverso l'esame di osservazioni di soggetti interessati e contribuisce a garantirne la diffusione e il rispetto.

In pratica si tratta di testi integrativi della normativa generale che precisano le regole pratiche da adottare per il trattamento dei dati in settori specifici. Finora sono stati emanati diversi codici di settore (per esempio nel campo del giornalismo, della ricerca storica o della gestione dei dati da parte delle centrali rischi per il credito). Ma per il direct marketing e la comunicazione commerciale interattiva, che senza codice, hanno dovuto convivere con la normativa generale per questi lunghi anni, l’attesa sembrava senza fine. Invece il codice di buona condotta è importante. Perchè integra la legge e perchè fissa regole concrete che permettono agli operatori delle categorie cui il codice si applica di sapere come comportarsi nelle situazioni quotidiane tipiche della loro attività. Proprio per questo, con una formula poco espressiva, si parla di deontologia ed di buona condotta. Queste espressioni traducono (male) la formula anglosassone delle “ best practice rules” cioè delle norme che esprimono l’eccellenza in un determinato settore produttivo. Proprio quello che serve per rendere finalmente concreta e di immediata applicazione una normativa che da sempre viene accusata di essere troppo astratta e scivolosa.

Già il 10 aprile 2002 il Garante aveva emanato un avviso con il quale aveva invitato tutti i soggetti interessati a questo settore a farsi avanti e a chiedere di partecipare ai lavori di formazione del codice. Dopo le prime entusiastiche adesioni, il silenzio totale.

Ora, a distanza di sei anni, finalmente i lavori riprendono con l’invito ai soggetti interessati a partecipare ai lavori a manifestare la loro disponibilità. Ora le associazioni di categoria nel settore dei marketing diretto, vendita a distanza, commercio elettronico, ricerche di mercato, comunicazione commerciale interattiva sono invitate a battere un colpo. Anche pubblicità on line, televisione interattiva, mondo delle promozioni, banche ed assicurazioni sono interessate. La speranza è che il mondo produttivo non commetta ancora una volta l’errore di sottovalutare quest’appuntamento e capisca che attraverso questo codice si giocherà la possibilità di sviluppare o meno la comunicazione interattiva nel nostro paese. E’ auspicabile che il mondo associativo italiano faccia altrettanto e capisca che – dopo il tempo del mugugno contro questa legge - è arrivato il momento delle responsabilità e delle scelte.

giovedì 13 marzo 2008

Il Blog, Pinocchio ed il campo dei miracoli: quando il falso è d’autore

Il Blog, Pinocchio ed il campo dei miracoli: quando il falso è d’autore

di Marco Maglio

Il tema lanciato su questo blog con l'intervento del 9 febbraio 2008, sembra abbia suscitato molto interesse. Sono stato sommerso da richieste, commenti e osservazioni e questo è sempre positivo. Diversi blog di settore hanno ripreso l’articolo esprimendo il loro punto di vista. Quasi tutti invocano la trasparenza. Mi sembra un buon segnale, non solo per ragioni etiche. In questo articolo vi spiego perchè.

L’ho promesso nello scorso articolo e mantengo la promessa: vi devo parlare di Blog. In particolare di blog falsi, cioè di quelle iniziative attraverso le quali una persona, ma più spesso un’azienda, cerca di diffondere in rete informazioni favorevoli, magnificando i propri prodotti o denigrando quelli dei concorrenti. Per essere più credibili alcuni “geni del marketing” hanno pensato di sfruttare al meglio le caratteristiche della rete creando dei blog, sotto mentite spoglie, e presentando le loro opinioni non come quelle dell’azienda ma come il punto di vista di un cliente, uno qualsiasi, uno sconosciuto. L’effetto è spesso sorprendente. Lo sconosciuto scrive, qualcuno risponde, si crea un caso e l’informazione si diffonde, con la forza che solo i virus conoscono, di bocca in bocca, di computer in computer, di click in click. Insomma, il metodo è efficace. Niente da dire. Basta essere bravi nella comunicazione, creare una situazione verosimile e il mare della rete si popola di pesci…..che abboccano.

Tutto bene, quindi? Direi di no. Tutto male, anzi malissimo. La buona salute dell’economia si basa sulla correttezza delle informazioni che circolano e sulla possibilità di controllarne la fonte e l’indipendenza. Volgio essere un po’ provocatorio ma secondo me questo è il vero motivo per cui, al di là degli aspetti etici della vicenda, l’uso di questi strumenti è pericoloso. E’ un frutto avvelenato. Mangiarlo dà effetti collaterali gravi. Non solo per i consumatori che vengono ingannati, ma anche per le aziende. Per capirlo basta guardare ad alcuni casi celebri di falsi blog.

Il primo che mi viene in mente è quello che ha riguardato una società multinazionale, conosciuta nel mondo per la produzione di una bevanda gassata, la cui formula è stata sempre mantenuta segreta. Un blogger, che poi si è rivelato essere un fan dell’azienda concorrente, ha diffuso su un suo blog, creato appositamente per l’occasione, la notizia secondo la quale bere quella bibita fosse nocivo per la salute, mentre quella del concorrente (la cui formula peraltro è parimenti sconosciuta) aveva effetti benefici. Grande clamore sul caso. Giornali e televisioni, in violazione delle regole elementari del giornalismo, pubblicano la notizia. Il risultato è stato un crollo delle vendite delle bibite gassate, non solo di quella descritta dal blogger, ma anche (sottile pena del contrappasso) di quella per la quale il blogger stravedeva.

L’altro caso riguarda il caso di Bill, un bambino (o sedicente tale) che attraverso un blog (fasullo) raccontava al mondo la sua grama vita: i genitori rigidissimi, impedivano al bambino di usare i suoi giochi preferiti, privandolo di tutto quello che possa desiderare un bambino, ma in particolare dell’ultimissimo gioco appena prodotto da una nota multinazionale del giocattolo (ispiratrice del blog, come poi si è scoperto). Inutile dire che il blog si soffermava accuratamente sulle caratteristiche del gioco, esaltandone la bellezza e la desiderabilità. Anche qui l’effetto è stato sorprendente: alle migliaia di mail di solidarietà che ha sommerso il blog, con la promessa di inviare a Bill l’atteso balocco, non ha fatto seguito l’esplosione delle vendite del gioco, ma la sua clamorosa rimozione dagli scaffali per mancanza di acquirenti. Gli psicologi del consumo hanno poi provveduto a spiegare che il gioco era stato identificato dal pubblico con una situazione negativa e che nessuno aveva il coraggio di comprare il gioco pensando al piccolo Bill.

Quindi non sempre i falsi blog sono un affare per chi li mette in scena e raramente promettono i miracoli che promettono. Saranno falsi d’autore, ma consola scoprire che non hanno quasi mai un mercato favorevole. Tutto questo mi fa venire in mente una cosa.

Penso che molti di voi ricordino quel passaggio delle avventure di Pinocchio, in cui il burattino, alle prese con il Gatto e la Volpe, decide di sotterrare i suoi zecchini d’oro nel campo dei miracoli per vederli moltiplicare. E quando Pinocchio al colmo della contentezza per aver scoperto un segreto mirabolante che potrà arricchirlo, dice ai due truffatori che farà loro un bel regalo si sente rispondere “ Noi non vogliamo regali. Ci basta averti insegnato come arricchirti senza fatica”. I falsi blog sono proprio così. Falsamente disinteressati. Il consumatore raramente abbocca. E questo è positivo. Ma ancora più positivo è constatare che alla fine il Gatto e la Volpe, arraffati i quattro zecchini d’oro solitamente fanno una brutta fine.