venerdì 2 novembre 2007

Piange il telefono? Pioggia di sanzioni in arrivo fdal Garante privacy per gli operatori telefonici.





Per servizi non richiesti e telefonate indesiderate 60 sanzioni per oltre 260 mila euro ai gestori telefonici

Piange il telefono?

Forse. Sono in arrivo infatti sessanta sanzioni applicate e oltre 260 mila euro già versati. E questi sono solo i primi risultati dei recenti interventi del Garante sull'operato dei call center a tutela degli utenti telefonici. Le sanzioni comminate a gestori di telefonia fissa e mobile per illeciti trattamenti di dati personali riguardano prevalentemente attivazione di servizi non richiesti (cambi di operatore, linee Internet veloci, servizi aggiuntivi) e, in misura minore, telefonate pubblicitarie indesiderate. Le società telefoniche hanno preferito, in molti casi, chiudere subito il contenzioso attraverso il pagamento anticipato in misura ridotta, previsto per chi non intenda impugnare la contestazione della violazione.

Prosegue in questo modo l'azione del Garante a tutela degli utenti telefonici che numerosi segnalano costi e disagi derivanti da un uso scorretto dei loro dati personali da parte dei call center dei principali gestori (Telecom, Tele2, Fastweb, Wind, Eutelia, Tiscali). Nella maggior parte dei casi è stato sufficiente che chiunque, un figlio, un collaboratore di famiglia, rispondesse al telefono e senza dare alcun assenso a quanto veniva proposto, perché venissero attivati servizi mai richiesti con conseguenti fatturazioni di costi in bolletta, distacco, anche per alcuni mesi, della linea telefonica, attese per il passaggio ad un altro operatore. A volte non c'è stata neanche la telefonata e l'utente si è accorto di "aver aderito" a qualche nuova offerta solo al ricevimento della bolletta.

Le sanzioni sono frutto dell'applicazione da parte del Garante del provvedimento generale dello scorso anno cui avevano fatto seguito cinque specifici provvedimenti lo scorso giugno, con i quali aveva imposto a gestori e call center di interrompere comportamenti illeciti di dati. L'Autorità ha infatti effettuato una serie di ispezioni presso i call center, sia interni sia esterni, di cui si servono i principali gestori telefonici: dalle verifiche è emerso che la maggior parte dei call center non informavano adeguatamente le persone contattate o operavano addirittura senza dire all'utente che si stavano raccogliendo i suoi dati, per quali finalità venivano usati, se era obbligato o meno a comunicarli, quali erano i suoi diritti. I call center hanno invece l'obbligo di informare con la massima trasparenza gli utenti sulla provenienza dei dati e sul loro uso e, se richiesto, di registrare la volontà dell'abbonato di non essere più disturbato. Per omessa o inidonea informativa il Codice privacy prevede una sanzione che va da 3000 a 18.000 euro, che può essere aumentata sino al triplo a seconda delle condizioni economiche della società.

sabato 6 ottobre 2007

La privacy e le anime candide


Chissà cosa ne pensano gli oltranzisti della privacy e della tutela dei consumatori? Chissà se sono davvero convinti di aver vinto la loro personalissima guerra contro le comunicazioni promozionali indirizzate?

Li vedo così sicuri di sé e così convinti di essere sempre e comunque dalla parte dei giusti che non credo abbiano dubbi. In realtà il fenomeno non è affatto diminuito, ma loro si comportano come se avessero stravinto. Dai primi anni Ottanta i guru della riservatezza del consumatore hanno invaso le trasmissioni televisive e radiofoniche, ingaggiando una battaglia senza confine contro i cattivi e con un solo obiettivo: far sparire dalla cassetta della posta i plichi che ci annunciavano di aver (quasi vinto) un concorso cui non avevamo partecipato, le pubblicità moleste con gli sconti e le lettere con informazioni indesiderate.

Il campione di questo atteggiamento resta per me quel giornalista che l’otto maggio 1997, dimostrando di non
aver capito nulla di ciò di cui scriveva, salutò l’entrata in vigore della legge sulla tutela dei dati personali con un articolo che dalla prima pagine di un quotidiano a tiratura nazionale esultava con il titolo “ Libertà per la mia posta” con tanto di punto esclamativo finale.

Oggi, in apparenza, quel flusso di messaggi postali si è attenuato e all’apertura della casella sul portone di casa non siamo più travolti dalla cascata di corrispondenza commerciale cui eravamo abituati. Merito della legge sulla privacy?

Non credo. Merito dell'e-mail, semmai. Che in realtà non ha cancellato nessuno dei fastidi di chi non sopporta la comunicazione commerciale indirizzata; li ha semplicemente trasferiti nel cyberspazio: dal nostro indirizzo fisico a quello virtuale.

Dopo anni di leggi sulla privacy, dobbiamo rassegnarci: lo spamming corre più veloce delle norme. Certo nessuno potrebbe usare il nostro indirizzo di posta elettronica senza in nostro consenso preventivo espresso. E’ un nostro diritto impedire gli abusi e perseguire chi non rispetta la nostra aspettativa di non essere disturbati. Sarà. Ma ormai, accedendo alla nostra casella di posta elettronica, ci siamo rassegnati a convivere con quotidiane offerte che ci promettono capigliature rigogliose e crescite miracolose di muscoli ed organi vari. E, ovviamente, ci invitano a ritirare il premio della lotteria elettronica per la quale non abbiamo mai comprato l'e-ticket. Oppure ci avvertono che qualcuno ha cercato di accedere ad un conto corrente home banking che non abbiamo mai avuto, invitandoci a cambiare la nostra riservatissima password di accesso.

Così mentre i guru dei consumatori predicano il verbo della privacy e magnificano le loro vittorie di Pirro contro la comunicazione pubblicitaria invadente io, sommessamente, propongo alla riflessione del lettore tre cose essenziali che interessano molto chi si occupa delle relazioni tra diritto e marketing:

1) esiste una enorme differenza tra i messaggi inviati da chi organizza campagne di direct marketing e quelli spediti da chi fa spamming. La comunicazione commerciale indirizzata è uno strumento raffinato che si rivolge a pochi soggetti, selezionandoli, scegliendoli nella massa dei consumatori e cercando di conoscerli. Lo spamming, al contrario, spara nel mucchio, senza guardare, senza mirare, senza conoscere. Vi sembra la stessa cosa? A me no.

2) dopo diversi anni stiamo capendo tutti quanti che questa cascata di norme che sommergono il cittadino per offrirgli protezione dall'invadenza dei messaggi promozionali, sconsolatamente non è servita a nulla. Queste leggi non sono efficaci. Dovremo studiare altre soluzioni per proteggerci realmente da chi ci disturba.

3) La privacy, non c'entra niente con questo tipo di questioni. Invocarla è un clamoroso errore di prospettiva. Dovremmo parlare invece di come regolamentare l'aspettativa di chi non vuole essere destinatario di messaggi promozionali. Ma la questione va esaminata rispetto a tutti gli strumenti di comunicazione, non solo in relazione all'invio di messaggi indirizzati. E' arrivato il tempo di affrontare questo tema integralmente. Non è solo un problema di messaggi postali, di mail, di telefonate. E' anche questione di spot televisivi, di sponsorizzazioni, di affissioni, di messaggi promozionali nei cinema, prima che inizi lo spettacolo. Insomma non è una questione relativa al mezzo che si utilizza per inviare il messaggio promozionale. Va esaminato il fenomeno nel suo complesso.

Sono tre spunti che ci invitano ad un approfondimento, se vogliamo governare davvero l’evoluzione tecnologica e non esserne vittime inconsapevoli.

E mentre rischiamo di naufragare, sommersi da un’overdose informativa e pubblicitaria, molte anime candide offrono un’illusoria scialuppa di salvataggio, pontificando sulla privacy e sui diritti fondamentali invece di porre al centro del dibattito i temi veri che andrebbero affrontati. Non è essenziale rispondere, ma a me, che sono un giurista malizioso, la domanda sorge spontanea: secondo voi sono solo anime candide o sono persone in mala fede che tutelano semplicemente i loro interessi?

sabato 29 settembre 2007

Di cosa parliamo quando parliamo di privacy?

SI SCRIVE PRIVACY, SI LEGGE DATA PROTECTION

Di cosa parliamo quando parliamo di privacy? Me lo chiedo sempre più spesso negli ultimi tempi, ascoltando i dibattiti che si sviluppano con crescente frequenza sull’invadenza dei media, sulle intercettazioni telefoniche e sugli obblighi che gravano sulle imprese a causa di questa materia. Ora credo di essere arrivato ad una conclusione: c’è un equivoco terminologico di fondo ed è essenziale chiarirlo. Usiamo male le parole e, come nella Torre di Babele, rischiamo di non capirci più nulla. Mettiamo un po’ d’ordine.

La parola privacy evoca un complesso di regole che sono state emanate nel corso degli anni a partire dalla fine del 1800 per proteggere la riservatezza individuale. La privacy è , in questo senso, il diritto ad essere lasciati soli. Lo inventò Louis Brandeis, qui nella foto, insieme a Samuel Warren, scrivendo un articolo intitolato "the right to privacy" pubblicato sulla Harvard Law Review nel dicembre 1890. Il diritto ad impedire che gli altri entrino nella nostra sfera privata. Quando chiediamo di veder rispettata la nostra privacy chiediamo di essere lasciati in pace. Si tratta di un diritto sacrosanto, che riguarda uno degli aspetti essenziali della vita sociale ed è importante che venga rispettato.

Poi però esiste un altro aspetto che spesso viene qualificato usando lo stesso termine. Ci si riferisce al fatto che le notizie possono essere pubblicate con estrema facilità e circolano in modo immediato (oggi la tecnologia rende semplice ciò che fino a pochi anni fa era impossibile). Anche in questi casi si parla di privacy e si dice che i giornali sono troppo invadenti e che non è giusto che le intercettazioni telefoniche relative a questo o a quel personaggio pubblico vengano trascritte e pubblicate su tutti i giornali. “Si viola la loro privacy” viene detto dai soliti moralisti. Ma in realtà in questi casi bisognerebbe parlare di un'altra cosa: bisognerebbe preoccuparsi del rapporto che deve esistere tra il diritto di cronaca e il diritto dei personaggi pubblici a non far conoscere fatti relativi alla loro vita. Negli Stati Uniti parlano, guarda l’ironia delle cose, di “ right of publicity”, che in un certo senso è il contrario di quello che diciamo noi, cercando di far entrare questi argomenti nel grosso libro della privacy. Secondo questa impostazione la comunità ha diritto di conoscere i fatti dei loro concittadini che vogliono essere personaggi pubblici. Altro che privacy! C’è, dicono negli Stati Uniti, un diritto alla pubblicità dei fatti che riguardano le persone note. E’ il prezzo da pagare per chi vuole essere un personaggio pubblico. All’estero non si discute. E’ un fatto scontato. In Italia no. Si parla di privacy e nascono gli equivoci.

Esite poi un terzo aspetto, che è quello che personalmente mi interessa di più. E’ la situazione che si crea quando si parla di privacy, a proposito degli adempimenti che la legge pone a carico delle imprese che vogliono trattare i dati personali dei loro clienti, potenziali clienti, dei dipendenti, dei fornitori. E’ ancora una volta un equivoco che genera effetti collaterali assai fastidiosi. Anche in questo caso la riservatezza delle persone non c’entra nulla, o quanto meno non è l’aspetto essenziale del problema. Ma vi sembra che abbia senso parlare di riservatezza nel rapporto tra un cliente ed un fornitore? Non ha senso. E infatti il legislatore non si è preoccupato di garantire la privacy del consumatore quando riceve un messaggio postale indirizzato dall’azienda che vuole vendergli, per esempio, un libro. In questo senso la privacy non c’entra ancora una volta nulla. La legge vuole invece che i dati personali, l’indirizzo, le preferenze, le abitudini di consumo delle persone vengano trattati dalle aziende con regole certe che permettano di evitare abusi e che garantiscano il diritto della persona ad esercitare un controllo sulle informazioni che lo riguardano. In modo che se non desidera più ricevere messaggi promozionali lo possa fare in modo semplice, veloce e senza costi.

Non è quindi una questione di privacy. E’ un problema che attiene invece al trattamento dei dati personali ed alla loro protezione. Non a caso all’estero quando parlano di questi temi usano un’espressione precisa che rende molto chiaro l’ambito del discorso: si parla di data protection che con la privacy ha relazioni lontane e assai labili.

Ma in Italia questo tema non è stato affrontato. Si preferisce parlare sempre e solo di privacy e in questo modo, rischiamo di venire annegati dai mille paradossi di un tema che sta sommergendo ogni dettaglio della nostra esistenza. Sarà bene ricordarcelo per evitare di naufragare in questo mare di privacy.

lunedì 10 settembre 2007

Il telemarketing e Forrest Gump: e adesso mi sento un po' stanchino!




La settimana scorsa, come molti di voi, ho letto un comunicato stampa del Garante per la protezione dei dati personali a proposito di liberalizzazione dell'energia.

Si parlava di clienti e di comunicazione commerciale ma a me, invece delle solite leggi, anche se sono un giurista, è venuto subito in mente Forrest Gump.

Se vi interessa l'argomento, leggiamo insieme questo testo e vi spiego come mai mi è venuto in mente quel Film di alcuni anni fa.

Comunicato stampa del Garante per la protezione dei dati personali - 6 settembre 2007

Mercato dell'energia: informare con chiarezza gli utenti

Le istruzioni del Garante per tutelare i dati personali degli utenti:informative semplici, no ad intrusioni telefoniche, dati conservati a tempo

Informare gli utenti in maniera semplice e sintetica, no a intrusioni telefoniche, dati conservati a tempo. Con la liberalizzazione del mercato dell'energia devono essere ancor più tutelati i dati personali degli utenti.

Con una delibera (relatore Mauro Paissan) adottata al termine di una procedura di cooperazione con l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, il Garante ha fornito una serie di indicazioni per una corretta informazione degli utenti e per un corretto utilizzo dei loro dati.

La recente disciplina sulla liberalizzazione dell'energia prevede che, a partire dal 1° luglio di quest'anno, i clienti domestici possano recedere dal contratto di fornitura di energia stipulato prima di tale data con il distributore operante nel proprio ambito territoriale e scegliere un fornitore diverso. Perché questo possa avvenire le società che vendono energia devono poter acquisire dalle banche dati dei distributori alcune informazioni di base relative agli utenti del mercato energetico per poter entrare in contatto con questi ultimi e formulare proposte commerciali.

Proprio riguardo agli aspetti legati al trattamento dei dati personali degli utenti è stato chiamato ad intervenire il Garante. La deliberazione si articola in due parti: la prima contiene le indicazioni fornite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas al termine di una fruttuosa collaborazione prevista per legge; la seconda detta prescrizioni direttamente agli operatori del settore.

Le società distributrici dovranno, dunque, informare i clienti in maniera colloquiale e sintetica della possibilità di recedere dal contratto e di fornire alle aziende venditrici di energia alcuni dati (generalità, consumi, potenza impegnata etc.) affinché possano far conoscere le loro migliori offerte formulate sulla base della conoscenza di un profilo "minimo" del medesimo cliente. A tale proposito il Garante ha predisposto un modello di informativa che potrà eventualmente essere adottato dalle società (consultabile sul sito dell'Autorità www.garanteprivacy.it) .

L'informativa dovrà essere recapitata insieme all'invio della corrispondenza ordinaria che le aziende intrattengono con i clienti per la gestione del vigente contratto di fornitura o di distribuzione (per esempio, l'invio della bolletta), ma dovrà essere messa a disposizione anche sul sito Internet e attraverso i servizi di assistenza e informazione al pubblico.

Per quanto riguarda le proposte commerciali dei venditori, queste dovranno essere rigorosamente cartacee: non è quindi consentito il marketing telefonico o per via telematica. I dati dei clienti non possono essere comunicati a terzi.

Per quanto riguarda i tempi di conservazione dei dati, il Garante ha stabilito che i dati personali dei clienti che non rispondono alle offerte commerciali dovranno essere cancellati non più tardi di sei mesi dall'invio della proposta.

Sulla base delle indicazioni fornite dal Garante della privacy, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas avvierà prossimamente una consultazione per completare la disciplina dell'accesso ai dati personali.

Roma, 6 settembre 2007

Insomma, leggendo questo comunicato stampa sembrerebbe che il marketing telefonico o per via telematica, rispetto a queste proposte commerciali non è consentito. Siamo di fronte all’esclusione di uno strumento di comunicazione commerciale per una specifica categoria merceologica. E se il cliente avesse dato il suo consenso a questo trattamento dei dati?

Sarebbe ugualmente vietato contattarlo? Non credo. Ma questo nel comuncato stampa non viene precisato.

Capisco l’esigenza di proteggere il consumatore da comunicazioni indesiderate, ma in questo modo si rischia di privilegiare uno strumento a discapito di altri, aumentando i costi del singolo contatto.

Se fossimo nella Fattoria degli animali, con George Orwell verrebbe da dire che la legge è uguale per tutti ma che alcuni sono più uguali di altri. Siamo, per fortuna, in Italia e, dato che da noi tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e i privilegi tra i diversi mezzi di comunicazione non hanno giustificazione, immagino che nella fretta di stendere il comunicato stampa qualcuno abbia pensato di semplificare un concetto complesso e abbia voluto dire un po’ di più di quello che la norma consentirebbe. Non so se sia un lapsus, ma è certo che il pensiero è stato espresso in modo molto chiaro. Telefonare non si può! Punto.

In ogni caso se, nonostante il divieto, riceverete una telefonata e qualcuno dall’altro capo del filo si azzarda a parlarvi energia, leggetegli questo comunicato stampa e provate a vedere l’effetto che fa.

E a proposito di energia, non so voi ma io, se fossi un operatore di telemarketing, dopo questa ennesima presa di posizione dell’autorità, mi sentirei come Forrest Gump, il personaggio del film di Robert Zemeckis interpretato da Tom Hanks: ve lo ricordate? dopo aver percorso centinaia di miglia correndo in lungo ed in largo ininterrottamente per gli Stati Uniti, l'eroe del film denunciava la fatica, con una frase che è diventata proverbiale. Ecco io se fossi un operatore di telemarketing, dopo aver letto questo comunicato del Garante mi sentirei......come Forrest Gump……. "un po’ stanchino"!

La strada per il telemarketing si fa sempre più in salita. Questo comunicato stampa mi sembra un segnale chiaro che conferma una tendenza in atto. Se siete garantisti vi potrà sembrare un po' frettolosa questa condanna senza appello per il telemarketing, che ormai in questo comunicato viene equiparato alle " intrusioni telefoniche" (sic!).

Le parole raccontano sempre la natura delle cose e rivelano le percezioni profonde, anche oltre le intenzioni di chi le usa. Così mi sembra che questo comunicato stampa sia davvero molto istruttivo, anche al di là delle cose importanti che si preoccupa di illustrare. Anche per questo mi viene in mente Forrest Gump. La stanchezza avanza!


sabato 8 settembre 2007

Pubblicati i decreti legislativi su pratiche commerciali sleali e pubblicità ingannevole


Era ora! C'è voluto più di un mese ma il 6 settembre 2007 sono stati pubblicati sulla gazzetta Ufficiale n. 148 i due decreti legislativi che il Consiglio dei ministri aveva approvato il 27 luglio scorso.


Sono così leggi dello Stato il

DECRETO LEGISLATIVO 2 Agosto 2007 , n. 145 Attuazione dell'articolo 14 della direttiva 2005/29/CE che modifica la direttiva 84/450/CEE sulla pubblicita' ingannevole.

E così la Direttiva 2005/29/CE è stata recepita in Italia. Siamo i primi in Europa. Gli altri Stati membri dovranno farlo entro il 12 dicembre 2007.

Presto un commento su queste norme che modificano il Codice del Consumo e introducono significative novità rispetto ai rapporti tra consumatori ed imprese.

Per il momento iniziate a tenere a mente questo principio: una pratica commerciale e' scorretta se e' contraria alla diligenza professionale, ed e' falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale e' diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori.
Pubblica post
Beh..... la definizione è un po' ampia e merita qualche approfondimento. Ne parliamo al prossimo post. Ma, parlando da giurista , i legislatori non potrebbero scrivere in modo più semplice?

sabato 1 settembre 2007

Esiste un diritto ad essere disconnessi?

Oggi ho letto con interesse un articolo di Gabriele Romagnoli sul sito de la Repubblica

Lo pubblico integralmente perché penso che aiuti più di mille pagine per capire almeno tre cose essenziali che interessano molto chi si occupa delle relazioni tra diritto e marketing:

1) esiste una enorme differenza tra i messaggi inviati da chi fa direct marketing e chi fa spamming.

2) dopo diversi anni stiamo capendo tutti quanti che questa cascata di norme che sommergono il cittadino per offrirgli protezione dall'invadenza dei consumatori, sconsolatamente non è servita a nulla. Queste leggi non sono efficaci. Dovremo studiare altre soluzioni per proteggerci realmente da chi ci disturba.

3) La privacy, non c'entra niente con questo tipo di questioni. Invocarla è un clamoroso errore di prospettiva. Dovremmo parlare invece di come regolamentare l'aspettativa di chi non vuole essere destinatario di messaggi promozionali. Ma la questione va esaminata rispetto a tutti gli strumenti di comunicazione, non solo in relazione all'invio di messaggi indirizzati. E' arrivato il tempo di affrontare questo tema integralmente. Non è solo un problema di messaggi postali, di mail, di telefonate. E' anche questione di spot televisivi, di sponsorizzazioni, di affissioni, di messaggi promozionali nei cinema, prima che inizi lo spettacolo.


L'articolo di Romagnoli è tratto dal sito
http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/scienza_e_tecnologia
/mail-spazzatura/romagnoli-commento/romagnoli-commento.html

Questo è senz'altro un tema da approfondire. Penso che sia utile questa bella e limpidissima riflessione di Romagnoli per iniziare un ragionamento ed andare alla radice del tema che chi si occupa di diritto del marketing deve affrontare con consapevolezza.

Tornerò spesso su questi argomenti. A me, da giurista, viene spontaneo, leggendo questo articolo, chiedere se possa esiste un diritto individuale alla disconnessione.
Insomma: possiamo permetterci di essere off line, senza perdere opportunità per sviluppare la nostra personalità?


La domanda mi sembra interessante. Ne riparleremo. Intanto buona lettura!

Non c'è più posta per te. E' solo il rumore del mondo

di GABRIELE ROMAGNOLI





Arrendiamoci. Abbiamo impiegato decenni per far sparire dalla cassetta della posta i plichi che ci annunciavano di aver (quasi vinto) un concorso a cui non avevamo partecipato, le pubblicità moleste con gli sconti e le lettere anonime con informazioni indesiderate. Merito dell'e-mail. Che in realtà non ha cancellato nessuno dei guasti, li ha semplicemente trasferiti nel cybersapzio: dal nostro indirizzo fisico a quello virtuale.

Ma lo spamming, la montagna di e-mail spazzatura, verrà piallata in breve tempo, ci assicuravano i guru di Internet. Ora sappiamo che non è così. Dobbiamo rassegnarci a convivere con quotidiane offerte di potenziare la sessualità, rintracciare i compagni di scuola, sfogliare il catalogo on line di una marca di abbigliamento. E, ovviamente, ritirare il premio della lotteria elettronica per la quale non abbiamo mai comprato l'e-ticket.

È il paradosso di Internet: produce infinitamente più di quel che consuma. Non potendo discriminare, in base a uno spesso malinteso principio di libertà, satura. Genera così tanta informazione incontrollata (junk news) e così poca attendibile che le fonti più credibili sono rimaste le versioni on line di quelle tradizionali. Consente a chiunque di tenere il proprio blog, aggiornandolo continuamente con le proprie opinioni, senza più tempo di farsele, magari confrontandole con quelle degli altri. E ci fa ricevere posta, posta, posta. Quella frase: "C'è posta per te" che alcuni server fanno pronunciare al computer era inizialmente un annuncio gioioso, ora, ridotto alla versione muta, per lo più infastidisce. Il fatto è che su dieci e-mail ricevute ne leggiamo, quando va bene, una. Il resto è seleziona-elimina-seleziona-elimina, con il solo vantaggio rispetto al passato di non produrre rifiuti da riciclare.

La rete è, come il nome suggerisce, una trappola. Tocchi un filo e ti si avvolge intorno. Accedi per una volta a un sito porno e passi i successivi cinque anni a cercare di convincere ignoti e-papponi che non ti interessano le zie in calore e con gli animali non vuoi andare oltre le carezze. Compri un libro on line e vieni avvisato ogni volta che ne esce uno simile (per simile intendono: con una copertina e qualche pagina in mezzo). Ricevi la e-mail cumulativa di qualcuno che fa gli auguri di Natale e altri duecento possono vedere il tuo indirizzo virtuale. Tra questi, inevitabilmente, c'è qualcuno che ti manderà e-mail anonime con informazioni indesiderate. Gli interventi anti-spamming hanno funzionato solo in parte e hanno avuto un effetto collaterale: la selezione del server è diversa dalla tua, respinge quel che tu vorresti ricevere.

È un circuito vizioso e ansiogeno. La posta arrivava una volta al giorno e dopo ci si metteva il cuore in pace fino a quello successivo. L'e-mail può arrivare in qualsiasi istante. La connessione è veloce e continua, chi ha un computer a portata di mano controlla la propria casella di posta in maniera nevrotica. Chi se ne allontana trasferisce il servizio sul proprio telefonino. L'avviso "c'è posta per te" ci insegue, ma non ci fa più effetto. È come quando incontri un americano passeggiando. Quello ti dice meccanicamente: "How you doin'?", come va, ma non si aspetta che tu gli risponda e, se lo fai, ti trovi a parlare da solo. Non c'è davvero posta per te, è semplicemente il rumore di fondo dell'universo in cui vivi, reale e virtuale: "Offerta speciale-vigore sessuale-notizia sensazionale-rabarbaro-rabarbaro-rabarbaro".

mercoledì 29 agosto 2007

Tempi sempre più duri per la pubblicità ingannevole: l'Autorità Antitrust crea la Direzione Pratiche Commerciali Sleali.


PUBBLICITÀ INGANNEVOLE E PRATICHE SLEALI: L'AUTORITA' ANTITRUST ATTIVA UN NUOVA DIREZIONE DEDICATA A REPRIMERE QUESTO FENOMENO

DAL 2005 AD OGGI SONO STATI COMMINATI OLTRE SETTE MILIONI DI EURO DI MULTE. NELLA ‘LISTA NERA’ DEI RAGGIRI TELECOMUNICAZIONI, TURISMO, FINANZIARIE E SETTORE BENESSERE.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in ottemperanza ai nuovi poteri conferiti dai due decreti legislativi in materia di tutela dei consumatori, ha attivato nella riunione del 3 agosto 2007, la nuova Direzione Pratiche Commerciali Sleali e messo a punto un’analisi dei primi due anni e mezzo della legge Giulietti sulla pubblicità ingannevole.
I due provvedimenti recentemente approvati dal governo, che entreranno in vigore il prossimo 12 dicembre 2007 per adeguare la normativa italiana alle direttive europee in materia di pubblicità ingannevole verso i consumatori e le imprese, nell’assegnare all’Autorità maggiori poteri (possibilità di agire d’ufficio anche con specifiche ispezioni e aumento delle sanzioni fino a 200.000 euro dalle attuali 100.000), metteranno in condizione gli uffici del Garante, una volta approvati i regolamenti interni, di effettuare interventi a favore dei consumatori più efficaci e rapidi.
Di seguito, sulla base delle esperienze maturate dal 2005 ad oggi, la ‘lista nera’ dei settori più a rischio-raggiro e le multe comminate fino ad oggi (tabella 1).
In due anni, dall’entrata in vigore nel 2005 della legge Giulietti, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato si è occupata di 385 casi di pubblicità ingannevole, riscontrando 344 violazioni, ed ha comminato sanzioni per un totale di 7.729.500,00 euro, di cui 2.186.000 nel solo periodo gennaio-giugno 2007. Ecco una sintesi dei settori più a rischio.
TELECOMUNICAZIONI
Ancora troppe pubblicità ingannevoli nel settore della telefonia fissa e mobile. Si tratta di un fenomeno particolarmente grave vista l’estrema varietà ed evoluzione delle offerte commerciali che generano disorientamento nel consumatore. L’Autorità continuerà a vigilare con particolare attenzione sul settore e ribadisce la necessità che gli operatori predispongano messaggi completi e chiari. L’Autorità ha individuato le maggiori lacune informative che generano l’ingannevolezza dei messaggi: si tratta dei costi ‘mimetizzati’ (i costi e le condizioni dell’offerta pubblicizzata che il messaggio omette), del livello tecnologico necessario per usufruire di alcuni servizi (necessità di verificare la copertura del segnale trasmissivo del servizio offerto, come nel caso dei servizi UMTS o per la visione della tv sul proprio cellulare), delle offerte cosiddette ‘per sempre’, ingannevoli perché in realtà è previsto un termine entro il quale il servizio, a quel prezzo, va utilizzato, e infine degli obblighi nascosti (ad esempio deve essere chiaro quando, per poter usufruire delle offerte o di un cellulare alle condizioni reclamizzate, bisogna aderire a determinati piani tariffari per un determinato periodo di tempo).
L’Autorità si é occupata di 124 casi di pubblicità ingannevole nelle telecomunicazioni nel periodo che va dal 2005 fino a giugno 2007 ed ha comminato multe per 2.782.500. Solamente in 11 casi è stata riscontrata una non violazione, dato che indica l’alto livello di “scorrettezza” dei messaggi pubblicitari del settore.
Da gennaio 2007 a giugno 2007 i casi dibattuti sono stati 19, di cui 17 risultati ingannevoli, e l’Autorità ha imposto sanzioni complessive pari a 696.500 euro.
TURISMO
Dal 2005 ad oggi, l’Autorità è intervenuta diverse volte nel settore del turismo a seguito di segnalazioni da parte di singoli consumatori e associazioni.
Si tratta di servizi di larga diffusione per i quali, sempre facendo riferimento alla pubblicità, si riscontra un elevato livello di scorrettezza, in grado, di pregiudicare il comportamento economico e il benessere dei consumatori. Infatti, a fronte di 20 procedimenti che complessivamente hanno toccato il settore allargato del turismo, 19 si sono conclusi con una decisione di ingannevolezza nell’ultimo anno e mezzo.
Le pronunce di ingannevolezza hanno riguardato principalmente messaggi su strutture alberghiere, villaggi turistici, centri benessere, tariffe aeree, crociere, pacchetti vacanze. Il mezzo più diffuso su cui appaiono i messaggi è Internet. La descrizione delle strutture sui rispettivi siti appare omissiva o completamente falsa, in ogni caso induce in errore il consumatore, che non ha elementi per valutare l’offerta o addirittura ha informazioni false.
Alcuni dei casi più frequenti riguardano strutture che si sono attribuite “stelle” in più rispetto a quelle regolarmente assegnate dall’Azienda di promozione turistica.
Mentre numerosi altri procedimenti riguardano la descrizione dei villaggi turistici sui cataloghi dei tour operator, all’interno dei quali le descrizioni spesso si discostano in maniera eclatante dalla realtà.
Il totale delle multe comminate dall’Autorità dal 2005 a giugno 2007 per pubblicità ingannevole nel settore turistico ammonta a 201.600 mila euro.
PRODOTTI DIMAGRANTI E PSEUDO FARMACI
I messaggi condannati hanno in genere la caratteristica comune di proporre prodotti in grado di produrre effetti dimagranti o tonificanti senza bisogno di seguire delle diete o di svolgere attività fisica.
Molti di questi messaggi pubblicitari omettono informazioni: per l’Autorità non fornire indicazioni sulla necessità di consultare preventivamente un medico e altre avvertenze, come attenersi alle dosi consigliate e non fare un uso prolungato del farmaco, può indurre i consumatori a trascurare le normali regole di prudenza, con conseguente pericolo per la salute. In un caso specifico, nel determinare la sanzione, l’Autorità ha anche stabilito il principio che i consumatori con problemi di peso e cellulite si trovano in una situazione di “particolare debolezza psicologica”. Dunque sono consumatori deboli da tutelare con sanzioni più alte.
L’Autorità ha comminato sanzioni in ben 35 casi per oltre 1.140.000 euro per pubblicità ingannevole di prodotti dimagranti, integratori alimentari e pseudo farmaci nel periodo 2005- giugno 2007.


Roma, 13 agosto 2007


TABELLA 1

Dall'introduzione della Giulietti fino a giugno 2007
Settore
Violazioni
Non violazioni
Totale casi
Sanzione(in €)
Acqua
1
1
2
10.100
Agricoltura e allevamento
1

1
8.000
Altre attività manifatturiere
7
3
10
82.000
Assicurazioni e fondi pensione
9

9
74.100
Attività immobiliari
1
1
0
Attività ricreative, culturali e sportive
2
1
3
22.200
Cinema
1

1
5.600
Costruzioni
2

2
13.100
Credito
3

3
58.300
Editoria e stampa
9

9
196.600
Grande distribuzione
9
2
11
135.600
Industria alimentare e delle bevande
11
3
14
214.100
Industria farmaceutica
35
3
38
1.140.300
Industria petrolifera
2
2
4
9.100
Informatica
8

8
197.700
Istruzione
27
3
30
381.900
Materiale elettrico ed elettronico
12
1
13
283.200
Meccanica
4

4
46.400
Mezzi di trasporto
7
4
11
118.600
Prodotti chimici, materie plastiche, gomma
1

1
9.100
Radio e televisione
7
2
9
180.100
Servizi finanziari
30
4
34
548.400
Servizi vari
35
3
38
382.800
Settore discografico
3

3
77.700
Siderurgia e metallurgia
1

1
11.100
Telecomunicazioni
64
5
69
2.322.500
Tessile, abbigliamento e calzature
3
1
4
116.400
Turismo
14
2
16
201.600
Vetro
2

2
9.600
Trasporti e noleggio di mezzi di trasporto
11

11
147.600
Bambini e adolescenti (dlg 74/92 - art.6)
4

4
141.600
Trasparenza (dlg 74/92 - art. 4, comma 1 - offerte di lavoro, cartoline)
7

7
101.700
Trasparenza (dlg 74/92 - art. 4, comma 1 - riviste, quotidiani, ecc.)
8

8
365.200
Salute e sicurezza (dlg 74/92 - art. 5);
4

4
117.200
Totale complessivo
344
41
385
7.729.500

venerdì 27 luglio 2007

Il nuovo decreto legislativo contro le pratiche commerciali sleali

NUOVE LEGGI PER VENDITA A DISTANZA E DIRECT MARKETING

Tempi duri per chi utilizza prassi commerciali sleali, offrendo prodotti ‘porta a porta’, per telefono o attraverso un sito web anche se posto all’estero.

Il Governo italiano il 27 luglio scorso ha approvato un decreto legislativi contro le pratiche commerciali scorrette e aggressive.

Il Consiglio dei ministri ha, infatti, approvato due decreti legislativi in materia e con questo via libera l’Italia è tra i primi paesi a recepire la Direttiva 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali.

le nuove norme vietano le pratiche commerciali scorrette nei rapporti tra imprese e consumatori; si amplia ulteriormente il campo delle condotte sanzionabili e si rafforzano le competenze dell’Antitrust.

Ecco dieci esempi di comportamenti che saranno vietati con l'altrata in vigore del Decreto Legilsativo, a giudizio del Ministero per lo Sviluppo Economico

1) effettuare visite non gradite a casa del consumatore;

2) effettuare ripetute sollecitazioni commerciali per telefono, posta elettronica o altro messo;

3) esortare i bambini o convincere i genitori ad acquistare i prodotti reclamizzati

4) lasciare intendere che il consumatore abbia già vinto un premio in caso di acquisto di un prodotto;

5) far credere al consumatore che in caso di mancato acquisto del prodotto sia in pericolo l’attività lavorativa del venditore;

6) presentare come gratuita l’offerta di un prodotto quando, in realtà, saranno caricati sul consumatore i costi di spedizione;

7) esibire al consumatore un marchio di qualità non autorizzato o presentare un prodotto con certificazioni non veritiere;

8) sollecitare all’acquisto dichiarando che il consumatore non troverà quel prodotto ad un prezzo così basso presso nessun altro venditore;

9) fare pressing psicologico sul consumatore dando l’impressione che non possa lasciare i locali senza acquistare un qualche prodotto o concludere un contratto;

10) dare informazioni non veritiere sulla qualità del prodotto, sui prezzi di mercato e sulle proprietà curative del prodotto.

sabato 30 giugno 2007

Quando il commercio elettronico si inceppa nel fax........

Perché il commercio elettronico non decolla? Le ragioni sono molte, alcune strutturali, riguardano cioè il sistema di distribuzione dei prodotti e le modalità di pagamento; altre sono culturali, quindi hanno a che fare con l’attitudine mentale sia di chi vende sia di chi compra. Penso che per descrivere questa situazione in modo efficace sia sufficiente un episodio che mi è capitato tempo fa e che vi racconto.


Devo acquistare un computer e, dopo varie ricerche e comparazioni (sono un consumatore attento), decido di dare fiducia al prodotto di una nota multinazionale che vende esclusivamente tramite internet. Scelgo il prodotto, leggo con attenzione le condizioni generali di vendita e ordino il prodotto. La sera stessa ricevo per posta elettronica la conferma dell’ordine e le istruzioni per il pagamento: posso scegliere tra il pagamento con carta di credito o il bonifico bancario. Opto per questa seconda soluzione, mi sembra più prudente. Il giorno dopo, con grande solerzia, mi telefona una signora che si qualifica, con cadenza anglosassone, come la “mia consulente commerciale dedicata”. Mi conferma di aver ricevuto l’ordine e mi informa, come peraltro avevo già letto nelle condizioni di contratto, che per dare esecuzione all’acquisto devo spedire via fax copia del bonifico bancario. Mi comunica il numero di fax. Le confermo che provvederò immediatamente perché il computer mi serve con urgenza. Provvedo come richiesto, avendo cura di conservare la ricevuta dell’avvenuta spedizione del fax e la conferma della corretta trasmissione al numero indicatomi dalla consulente commerciale. Le condizioni generali prevedono la consegna della merce entro dieci giorni lavorativi dal pagamento. Passano i giorni. Dopo le fatidiche 240 ore lavorative, ricevo un messaggio in cui mi si informa che non è stato ricevuto il fax. Mi attivo immediatamente. Contatto la “consulente commerciale dedicata”. Le spiego l’accaduto. Mi informa che senza il fax l’ordine non può essere eseguito. Le faccio presente che io ho regolarmente eseguito quanto richiesto e che ho pagato la merce, quindi vorrei capire dove è finita la copia di bonifico che le ho spedito. A questo punto la “mia consulente commerciale dedicata” diventa sarcastica: mi informa che loro sono una grande multinazionale, che un fax tra mille può andare smarrito e che non è il caso di farne un dramma. Resto basito! Replico che abbiamo stipulato un contratto, ho regolarmente pagato e vorrei ricevere il prodotto nei tempi fissati: io sono un cliente, loro sono una multinazionale e mi aspetto che i fax con i miei dati bancari non vadano smarriti ma siano trattati con cura. Ma la mia interlocutrice non gradisce questi argomenti: il sarcasmo lascia il posto alla commiserazione; le cose stanno così e se voglio ricevere la merce devo rimandare il fax: “Cosa pretende? Che le chieda scusa? Abbiamo perso il suo fax? Succede. La sua telefonata è sterìle”.. Dalla collocazione degli accenti mi rendo conto che la signora ha imparato l’italiano guardando le videocassette di Stanlio ed Ollio. Così, temendo che abbia problemi di comprensione, scandisco bene le parole e le ripeto, con calma, le mie osservazioni. Il risultato non cambia. I toni della signora si fanno sempre più impazienti, credo non capisca perché mi stupisco del fatto che il mio fax sia andato smarrito. Chissà se lo capirà quando riceverà la raccomandata con la quale chiedo di conoscere con quali modalità sono stati trattati i dati personali che io ho inviato alla sua società? Smarrire dati personali è un fatto grave, punito dalla legge che tutela la nostra riservatezza. Ed è altrettanto grave non rispettare un cliente. Fino a quando succederanno fatti del genere per le vendite a distanza la strada sarà sempre in salita. Come si usa dire nei titoli di coda dei film, chiudo questo racconto con un’avvertenza: ogni fatto o riferimento a situazioni reali è puramente causale. Non è un refuso di stampa: ho proprio scritto “causale”, nel senso che questa simpatica vicenda sfocerà in una causa che sarà mia cura intentare alla multinazionale che smarrisce – con arroganza - i dati personali dei suoi clienti, viola i contratti e non ha neanche il buon gusto di chiedere scusa. Vi terrò informati.

venerdì 29 giugno 2007

Se la pubblicità è ingannevole


Quando un messaggio è ingannevole?

La domanda è semplice, la risposta non può essere da meno.

E allora come dicono i saggi, incominciamo dall’inizio!

Un’iniziativa promozionale è ingannevole se ricorrono due diversi elementi : 1) l’idoneità ingannatoria del testo o del meccanismo utilizzato 2) il pregiudizio economico per i consumatori.

Quanto al primo aspetto l’orientamento prevalente da parte dei giudici è quello di valutare l’idoneità ingannatoria in senso oggettivo, cioè prescindendo dalle intenzioni dell’operatore nella realizzazione dell’inganno, tenendo conto della forma del messaggio, del suo contenuto, del mezzo con cui è veicolato e dell’impatto che esso suscita nei consumatori più sprovveduti, in particolar modo nei casi di pubblicità destinata a categorie di soggetti culturalmente meno preparati.

Ciò ha portato a considerare ingannevole non soltanto i casi di promozioni menzognere (quelle cioè che non dicono la verità), ma anche quei messaggi che pur contenendo affermazioni veritiere sono risultati idonei ad ingannare i consumatori per la loro tendenziosità o per il loro tono suggestivo.

Così sotto il profilo del contenuto del messaggio è stata sanzionata la pubblicità reticente cioè quella che omette dati o informazioni necessari per la corretta comprensione del messaggio.

Vediamo un esempio concreto:


Un caso classico di promozione reticente


IL LANCIO DI UNA NUOVA COMPAGNIA DI TELEFONIA MOBILE








Il caso risale al dicembre 1995 e si riferisce alle iniziative promozionali, relative al servizio di telefonia cellulare GSM, diffuse da una società, con gadget e tramite affissioni pubblicitarie.

In particolare è stata segnalata l'ingannevolezza delle informazioni diffuse per promuovere il nuovo servizio, in quanto conterrebbero la mendace affermazione della natura commerciale del servizio e non verrebbe fatta doverosa menzione dei limiti derivanti dalla natura sperimentale del servizio stesso e dalla parziale copertura del territorio.

Inoltre, nelle iniziative promozionali si sottolineava che "da oggi è più facile, da oggi c'è “XXX” - "la nuova compagnia privata di telefonia cellulare GSM". Questo claim realizzerebbe una denigratoria comparazione con il servizio svolto dall’unica altra compagnia che forniva all’epoca sevizi di telefonia mobile , con appropriazione dei pregi e della rinomanza del servizio stesso.

Il Garante dichiarando ingannevole questa forma di promozione ha ordinato la sospensione di tutte le forme di promozione che non rendessero evidente la natura sperimentale del servizio

E’ poi considerata ingannevole la promozione che diffonde informazioni iperboliche o superlative salvo nei casi in cui essa prospetti la realtà in termini talmente esagerati che anche le categorie di consumatori non particolarmente avveduti possano rendersi conto di essere innanzi ad una generica vanteria del fornitore.

Sotto il profilo invece della modalità di presentazione del messaggio l’Autorità ha individuato l’inganno pubblicitario nel non aver evidenziato in maniera adeguata sulla confezione del prodotto la data di scadenza di una operazione a premi oppure nella indicazione imprecisa circa le modalità di assegnazione dei premi.

Anche qui vediamo un caso specifico:

Il caso classico della promozione “scaduta”

Il caso risale al 1991. Una società ha distribuito il prodotto “Tonno all’olio d’oliva” abbinandolo ad un’operazione a premi. Sulla confezione era riportato il messaggio pubblicitario relativo all'operazione a premio "i piatti del tonnoloso", i quali si potevano ricevere in omaggio inviando rispettivamente 15 prove di acquisto per i piatti da tavola e 30 per il piatto da portata.

L’operazione promozionale era presentata con un messaggio pubblicitario stampato sulla confezione che presentava come ancora aperta un'operazione promozionale in realtà scaduta da più di un anno, in modo tale da poter indurre in errore i consumatori.

In particolare nel corso dell’istruttoria è stato rilevato che il termine di scadenza dell'operazione era riportato sul lato della confezione e con caratteri sensibilmente più piccoli rispetto a quelli usati per pubblicizzare l'operazione promozionale.

L’ingannevolezza è stata dichiarata in particolare perchè la durata di validità del prodotto era di 5 anni e che la data di scadenza della promozione (della durata di un anno), riportata sulla confezione, era scritta con caratteri troppo piccoli e non è immediatamente percepibile dal consumatore come invece avviene per le altre modalità dell'operazione che sono riportate sulla confezione scritte in rosso e con caratteri evidenti.

L’Autorità ha stabilito che la data di scadenza di un'operazione promozionale è un elemento essenziale dell'operazione stessa e deve essere chiaramente evidenziata sulla confezione per non trarre in errore i consumatori sulla durata dell'operazione, soprattutto nei casi in cui il prodotto abbia una durata di validità particolarmente lunga

Alla luce di queste considerazioni l’Autorità per la concorrenza ed il mercato ha dichiarato l’illegittimità dell’operazione promozionale, rispetto alla sua divulgazione al pubblico e ne ha disposto l’inibizione.

Ancora in altre decisioni l’ingannevolezza è stata rilevata nelle indicazioni fuorvianti sotto il profilo della identificazione del servizio offerto, nell’errata informazione circa gli sconti i prezzi ed in genere circa le condizioni cui i servizi o i beni sono offerti e nell’errata indicazione della effettiva qualifica dell’operatore pubblicitario.

Quanto al secondo elemento l’Autorità ha precisato che la nozione di pregiudizio economico non deve necessariamente coincidere con quella di danno, ma piuttosto deve estendersi fino a ricomprendere la mera influenza sul comportamento economico del consumatore.

Dal momento che la legge tutela i consumatori anche contro l’idoneità ingannatoria dei messaggi, risulterebbe infatti estremamente difficile distinguere tra il danno inteso come lesione patrimoniale e la perdita di opportunità economiche alternative alla scelta cui l’errore potrebbe indurre.

Ad integrare l’elemento del pregiudizio è sufficiente quindi che l’induzione in errore sia tale da alterare il normale processo di formazione delle scelte economiche dei consumatori.

Sono due esempi classici che però vale la pena tenere sempre presenti quando si deve valutare se un messaggio promozionale è ingannevole.

Ricordiamocene!

martedì 26 giugno 2007

Semplificazioni privacy per le PMI?

Iniziamo con una segnalazione di servizio. Se siete una Piccola o Media vi farà piacere sapere che Legislatore e Garante pensano a voi.

Ha iniziato il Parlamento proponendo un emendamento al cosiddetto "Decreto Bersani sulle liberalizzazioni" ora in discussione al Senato. la Camera ha approvato l'articolo che prevede la non applicabilità delle regole relative alla sicurezza, alla redazione del DPS ed agli obblighi di notificazione per le aziende con meno di 15 dipendenti.

Il Garante non è stato da meno ed ha affrontato lo stesso tema pochi giorni dopo, facendo pubblicare nella Gazzetta Ufficiale del 21 giugno 2007 n.142 una Guida pratica per la gestione degli obblighi normativi per le PMI.


Il comunicato stampa del Garante per presentare questa sua "operazione semplificazione" è chiaro, almeno per presentare le intenzioni dell'Autorità.

"Il Garante vuole
facilitare le piccole e medie imprese nell'assolvimento degli obblighi che la normativa sulla privacy impone a chi raccoglie, utilizza, conserva dati personali.

La "Guida pratica e misure di semplificazione per le piccole e medie imprese", pensata come uno strumento agile a domande e risposte, affronta tutti i problemi ai quali un imprenditore si trova a dover far fronte quotidianamente e fornisce indicazioni sintetiche e soluzioni semplificate per un corretto trattamento dei dati personali. É inoltre integrata da un utile questionario per un'immediata verifica, da parte degli imprenditori, delle eventuali criticità."

Il testo è scaricabile liberamente dal link che trovate nell' homepage di www.nonsoloprivacy.it

Visto che l'iniziativa è rivolta alle imprese sarà interessante capire come viene valutata questo documento da parte di coloro che dovranno utilizzarlo. L' apprezzeranno?

Il Blog "Diritto e Marketing" raccoglie commenti e segnalazioni su questo argomento.

Se pensate di trovare un testo innovativo che innova coraggiosamente e risolve i problemi applicativi che ben conoscete, temo rimarrete delusi. Si potrebbe dire che, in tempi di fine anno scolastico e di notti prima degli esami, questo testo è un ottimo strumento per ripassare i contenuti essenziali della legge. Per le semplificazioni, verranno probabilmente tempi migliori. D'altra parte iniziare a far chiarezza è il primo passo per rendere semplici le cose complesse.