sabato 9 febbraio 2008

Attenti al marketing virale. E’ efficace ma….esistono regole da conoscere e da rispettare.

Attenti al marketing virale. E’ efficace ma….esistono regole da conoscere e da rispettare.

di Marco Maglio

Chi di voi non ha avuto la tentazione di diffondere in rete notizie positive su propri prodotti o servizi, confidando nella diffusione virale dei messaggi? In effetti la pratica è comune, costa poco e può essere molto efficace. Ma oggi richiede di adottare molte cautele legali per evitare di generare danni pesanti sia di immagine, sia per le sanzioni cui può portare. In effetti questo strumento di marketing può sembrare una prassi innocente, ma rischia di causare conseguenze gravi per chi la realizza.

All’estero gli hanno già trovato una definizione e lo chiamano “astrosurfing”. Cos’è? E’ la pratica di chi invia messaggi nei forum o pubblica blog, assumendo identità non corrispondenti al vero, per promuovere un prodotto o per raccontare la propria esperienza di acquisto, tessendo le lodi dei propri prodotti o servizi sotto mentite spoglie. E’ una componente specifica di quella categoria ampia di attività che si qualifica ormai da tempo come marketing virale, che è un concetto molto più esteso e che comprende molte altre attività.

Ma quello di cui voglio parlarvi oggi non è il marketing virale in genere ma una sua applicazione particolarissima. Non è una cosa nuova: la pratica di parlare bene di sé, affidandosi a compari e complici sparsi tra la folla dei consumatori, esiste da quando esiste il commercio. Ne parla, pensate un po’, addirittura il poeta latino Marziale in una delle sue composizioni, ambientate nei mercati dell’antica Roma. In tempi più recenti ho visto usare questo metodo dai venditori nei mercati e nelle fiere. Il “compare” si intrufola tra la folla dei curiosi, vicino allo stand in questione e, badando di alzare bene la voce per farsi sentire da tutti e di essere convincente, dice al venditore complice: “Mi sono trovato benissimo con il vostro prodotto. Erano settimane che lo cercavo ma è esaurito ovunque. Ora non voglio più rimanere senza. Me ne dia 12!”. L’effetto è assicurato.

Oggi, in tempi di internet, il metodo, solo adattato quanto basta, è stato utilizzato a piene mani da aziende ed operatori di marketing che mettono in rete notizie e commenti entusiastici su prodotti e inducono gli altri navigatori a fare analoghe scelte di consumo. Questo era più facile nei primi tempi eroici di internet. Da qualche tempo, ormai, con la diffusione di sistemi evoluti di social networking, il controllo sulle opinioni altrui è serrato e la valutazione sull’attendibilità di chi formula giudizi, dà consigli, e propone le sue esperienze, è giunta a livelli di analisi per così dire scientifici.

Ma, tutto sommato, ognuno è libero di esprimere giudizi e di far circolare le proprie idee. Finora almeno si è pensato così e il rischio maggiore che si poteva correre era quello di essere smascherati, rivelando al popolo della rete che il tal commento non era disinteressato ma nasceva da una precisa strategia di marketing. Sono successi casi clamorosi che negli anni scorsi hanno indotto alla massima prudenza gli autori di queste iniziative.

Ma oggi le cose sono cambiate radicalmente. Nel senso che un blog fasullo, nato per esaltare il proprio prodotto e per denigrare il concorrente non è solo una furbata a basso costo. Rischia di essere una prassi commerciale sleale, punita, ai sensi del recente Decreto Legislativo 146 del 2007, con sanzioni che possono arrivare, nei casi più gravi fino a 500.000 euro.

Questo induce ad una maggiore prudenza rispetto al passato e suggerisce di verificare con cura i contenuti e gli strumenti usati in una campagna promozionale. Gli strumenti alternativi, coma ad esempio i blog civetta, la partecipazione ai forum, l’invio di mail a catena, posso oggi essere punite dalla legge, se risulta che l’iniziativa non sia il frutto della libera espressione dell’opinione individuale ma rappresenti un elemento di una strategia di comunicazione commerciale.

Il tema è ampio e, a mio parere, si presta a molte considerazioni. Non solo sul ruolo sociale della comunicazione commerciale ma anche sulla libertà della rete e sul rispetto dell’autonomia individuale e dell’identità personale.

In un prossimo intervento racconterò alcuni casi specifici e mi piacerebbe aprire un dibattito per conoscere il punto di vista dei lettori su questo argomento. Secondo voi è giusto o sbagliato limitare la libertà di espressione delle imprese, impedendo l’utilizzo di strumenti di comunicazione che non permettono di conoscere l’identità dell’autore del messaggio? Quali conseguenze può portare questo primo divieto? Il dibattito è aperto.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Great work.