di Marco Maglio
Nei
giorni della quotazione in borsa di Facebook, vale la pena riflettere
sul rapporto, apparentemente conflittuale, che esiste tra gli
strumenti del web 2.0 e le norme a tutela dei dati personali. Questo
conterà sempre di più nel futuro e un' impresa che voglia creare
valore dovrà confrontarsi anche con la sua capacità di gestire
questi aspetti in modo affidabile. E
se vogliamo analizzare questo tema i punti di riferimento oggi sono
essenzialmente due: da una parte Google con la sua capacità di
catalogare, archiviare, ritrovare documenti e fotografie, annullando
il diritto all’oblio delle persone. Dall’altra Facebook con la
sua spinta a condividere opinioni e pezzi di vita. Tra questi due
poli si muove la vita di molti e la privacy è sempre più sfumata.
Il
catalogo universale
Se
Google riporta, tra i primi risultati di ricerca collegati ad un
nome, i riferimenti ad un articolo di molti anni prima in cui si
raccontano le disavventure giudiziarie di questa persona, la quale
poi risulterà invece assolta e dichiarata estranea ai fatti, si sta
indubbiamente creando un danno potenziale a carico di questo
individuo Si sta violando in particolare quello che si chiama diritto
all’oblio, cioè il diritto a veder dimenticati fatti e situazioni
della vita che non si desidera vengano ricordati. E questo è un
problema che ha a che fare con la privacy, il diritto ad essere
lasciati soli, liberi dall’invadenza del prossimo.
La
smania per la condivisione
Se
poi Facebook, permette a perfetti estranei di entrare in contatto e
di accedere ad informazioni private, vedendo i commenti, leggendo gli
aggiornamenti, commentando le fotografie personali, i rischi per la
privacy aumentano. Condividere è il verbo essenziale per i social
network ed è il concetto che più di ogni altro è la negazione
della privacy che consiste appunto nell’evitare che ciò che
riguarda un individuo possa essere conosciuto dagli altri.
Può
sembrare paradossale che, in tempi di social media, di motori di
ricerca e di web generation ci si debba porre il problema di limitare
la diffusione incontrollata delle informazioni ed il loro utilizzo
abusivo. Ma questa è diventata una necessità se vogliamo prevenire
abusi e rischi profondi per la libertà individuale.
I
rischi
Eppure
i rischi sono abbastanza semplici da cogliere: la foto di una vecchia
bravata adolescenziale che spunta fuori dopo parecchi anni. Qualche
commento poco opportuno scritto ai tempi del liceo che, a distanza di
tempo, finisce sotto gli occhi del nostro datore di lavoro. Un video
non molto lusinghiero che torna a galla dal Web dopo essere stato
dimenticato. Basta pensare a questi esempi per capire per quale
motivo il dibattito sui rischi per la privacy legati all'utilizzo dei
social network è aperto da tempo.
I
rimedi
Come
fare, allora, per utilizzare questi strumenti riuscendo ad evitare
pericoli e spiacevoli conseguenze? Non è facile ma occorre
rispettare alcune cautele ed essere in un certo senso “Garanti di
se stessi”. Per chi vuole approfondire questo tema può essere
utile consultare un opuscolo pubblicato dal Garante per la protezione
dei dati personali. Le cautele sono facili da applicare: basta porsi
poche domande prima di condividere qualcosa in Rete. Uno: se sapessi
che il vicino di casa o il tuo professore potrebbero leggere quello
che hai inserito on line, scriveresti le stesse cose e nella stessa
forma? Due: sei sicuro che le foto e le informazioni che pubblichi ti
piaceranno anche tra qualche anno? Tre: prima di caricare/postare la
"foto ridicola" di un amico, ti sei chiesto se a te farebbe
piacere trovarti nella stessa situazione? Quattro: i membri dei
gruppi ai quali sei iscritto possono leggere le tue informazioni
personali? Cinque: sei sicuro che mostreresti "quella" foto
anche al tuo nuovo ragazzo/a? In fondo, bastano pochi accorgimenti
per evitare guai. Sempre meglio che un cambio di identità.
E
per il diritto all’oblio? Bisogna essere consapevoli che registrare
ogni cosa e renderla disponibile per tutti in qualunque momento è
proprio la missione di Google. Ma occorre anche sapere che esistono
strumenti legali per esercitare il diritto di chiedere che notizie e
fatti ormai lontani vengano dimenticati se non esiste un diritto di
cronaca che ne giustifichi la pubblicazione.
In
definitiva gli strumenti per proteggersi esistono. Basta essere cauti
e consapevoli. E pensare sempre alle conseguenze di quello che si fa.
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