sabato 1 settembre 2007

Esiste un diritto ad essere disconnessi?

Oggi ho letto con interesse un articolo di Gabriele Romagnoli sul sito de la Repubblica

Lo pubblico integralmente perché penso che aiuti più di mille pagine per capire almeno tre cose essenziali che interessano molto chi si occupa delle relazioni tra diritto e marketing:

1) esiste una enorme differenza tra i messaggi inviati da chi fa direct marketing e chi fa spamming.

2) dopo diversi anni stiamo capendo tutti quanti che questa cascata di norme che sommergono il cittadino per offrirgli protezione dall'invadenza dei consumatori, sconsolatamente non è servita a nulla. Queste leggi non sono efficaci. Dovremo studiare altre soluzioni per proteggerci realmente da chi ci disturba.

3) La privacy, non c'entra niente con questo tipo di questioni. Invocarla è un clamoroso errore di prospettiva. Dovremmo parlare invece di come regolamentare l'aspettativa di chi non vuole essere destinatario di messaggi promozionali. Ma la questione va esaminata rispetto a tutti gli strumenti di comunicazione, non solo in relazione all'invio di messaggi indirizzati. E' arrivato il tempo di affrontare questo tema integralmente. Non è solo un problema di messaggi postali, di mail, di telefonate. E' anche questione di spot televisivi, di sponsorizzazioni, di affissioni, di messaggi promozionali nei cinema, prima che inizi lo spettacolo.


L'articolo di Romagnoli è tratto dal sito
http://www.repubblica.it/2007/09/sezioni/scienza_e_tecnologia
/mail-spazzatura/romagnoli-commento/romagnoli-commento.html

Questo è senz'altro un tema da approfondire. Penso che sia utile questa bella e limpidissima riflessione di Romagnoli per iniziare un ragionamento ed andare alla radice del tema che chi si occupa di diritto del marketing deve affrontare con consapevolezza.

Tornerò spesso su questi argomenti. A me, da giurista, viene spontaneo, leggendo questo articolo, chiedere se possa esiste un diritto individuale alla disconnessione.
Insomma: possiamo permetterci di essere off line, senza perdere opportunità per sviluppare la nostra personalità?


La domanda mi sembra interessante. Ne riparleremo. Intanto buona lettura!

Non c'è più posta per te. E' solo il rumore del mondo

di GABRIELE ROMAGNOLI





Arrendiamoci. Abbiamo impiegato decenni per far sparire dalla cassetta della posta i plichi che ci annunciavano di aver (quasi vinto) un concorso a cui non avevamo partecipato, le pubblicità moleste con gli sconti e le lettere anonime con informazioni indesiderate. Merito dell'e-mail. Che in realtà non ha cancellato nessuno dei guasti, li ha semplicemente trasferiti nel cybersapzio: dal nostro indirizzo fisico a quello virtuale.

Ma lo spamming, la montagna di e-mail spazzatura, verrà piallata in breve tempo, ci assicuravano i guru di Internet. Ora sappiamo che non è così. Dobbiamo rassegnarci a convivere con quotidiane offerte di potenziare la sessualità, rintracciare i compagni di scuola, sfogliare il catalogo on line di una marca di abbigliamento. E, ovviamente, ritirare il premio della lotteria elettronica per la quale non abbiamo mai comprato l'e-ticket.

È il paradosso di Internet: produce infinitamente più di quel che consuma. Non potendo discriminare, in base a uno spesso malinteso principio di libertà, satura. Genera così tanta informazione incontrollata (junk news) e così poca attendibile che le fonti più credibili sono rimaste le versioni on line di quelle tradizionali. Consente a chiunque di tenere il proprio blog, aggiornandolo continuamente con le proprie opinioni, senza più tempo di farsele, magari confrontandole con quelle degli altri. E ci fa ricevere posta, posta, posta. Quella frase: "C'è posta per te" che alcuni server fanno pronunciare al computer era inizialmente un annuncio gioioso, ora, ridotto alla versione muta, per lo più infastidisce. Il fatto è che su dieci e-mail ricevute ne leggiamo, quando va bene, una. Il resto è seleziona-elimina-seleziona-elimina, con il solo vantaggio rispetto al passato di non produrre rifiuti da riciclare.

La rete è, come il nome suggerisce, una trappola. Tocchi un filo e ti si avvolge intorno. Accedi per una volta a un sito porno e passi i successivi cinque anni a cercare di convincere ignoti e-papponi che non ti interessano le zie in calore e con gli animali non vuoi andare oltre le carezze. Compri un libro on line e vieni avvisato ogni volta che ne esce uno simile (per simile intendono: con una copertina e qualche pagina in mezzo). Ricevi la e-mail cumulativa di qualcuno che fa gli auguri di Natale e altri duecento possono vedere il tuo indirizzo virtuale. Tra questi, inevitabilmente, c'è qualcuno che ti manderà e-mail anonime con informazioni indesiderate. Gli interventi anti-spamming hanno funzionato solo in parte e hanno avuto un effetto collaterale: la selezione del server è diversa dalla tua, respinge quel che tu vorresti ricevere.

È un circuito vizioso e ansiogeno. La posta arrivava una volta al giorno e dopo ci si metteva il cuore in pace fino a quello successivo. L'e-mail può arrivare in qualsiasi istante. La connessione è veloce e continua, chi ha un computer a portata di mano controlla la propria casella di posta in maniera nevrotica. Chi se ne allontana trasferisce il servizio sul proprio telefonino. L'avviso "c'è posta per te" ci insegue, ma non ci fa più effetto. È come quando incontri un americano passeggiando. Quello ti dice meccanicamente: "How you doin'?", come va, ma non si aspetta che tu gli risponda e, se lo fai, ti trovi a parlare da solo. Non c'è davvero posta per te, è semplicemente il rumore di fondo dell'universo in cui vivi, reale e virtuale: "Offerta speciale-vigore sessuale-notizia sensazionale-rabarbaro-rabarbaro-rabarbaro".

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma allora la privacy non è solo il diritto ad essere lasciati soli? Molto bello il pezzo di Romagnoli. Approfondite l'argomento è molto interessante!

Anonimo ha detto...

Io mi disconnetto quando voglio. Però effettivamente ora che ci penso no è così semplice. Certo che quello che dice Romagnoli è vero. Lo spamming è insopportabile. Questa legge sulla privacy non serve a niente.